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DI FRANCESCO REDI. 31

fatto sopra un fondamento grandissimo e, con vanagloriosa burbanza raccontandola, avrebbon poscia esclamato:

Così per gli gran savi si confessa
Che la Fenice muore e poi rinasce.

Quindi si sarebbon forse messi a quell’incredibil cimento tentato fin ad ora da più d’uno, siccome io già bugiardamente ascoltai ragionare. Ma non merita il conto l’affaticarsi per confutar le ridicolose ciance di costoro, imperocchè, come disse Marziale,

Turpe est difficiles habere nugas,
Et stultus labor est ineptiarum.

E tanto più che il celebratissimo padre Atanasio Chircher nel libro undecimo del Mondo sotterraneo ha nobilmente confutata, e con sodezza di ragioni, la follia del parabolano Paracelso, il quale empiamente volle darci ad intendere una ridicolosa maniera di generare gli omiciatti nelle bocce degli alchimisti. Rimango bene molto più scandalizzato di alcuni altri, che sopra somiglianti menzogne gettano i fondamenti e le conghietture di quell’altissimo misterio nella fede cristiana della resurrezione de’ corpi alla fine del mondo. Il greco Giorgio Pisida si fu uno di costoro, esortando a crederla coll’esempio della Fenice, ed il famosissimo e celebratissimo