Pagina:Fantoni, Giovanni – Poesie, 1913 – BEIC 1817699.djvu/351

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idilli 345



     25— Questa tortora, o dea, di Giove figlia,
Tirsi ti svena: mi sia fida Cloride,
ché la mia fedeltá questa somiglia.

     Tu felice la rendi; al mio desire
t’invoco, in seno a lei, diva propizia! —
30Dice, impugna un coltello e vuol ferire.

     Clori, che dietro il simulacro resta
gli amati detti ad ascoltar, discopresi
a Tirsi, e il colpo, che scendeva, arresta.

     E grida: — Tirsi, a che di sangue l’ara
35contaminar di Citerea? Non amano
sangue gli dèi; la vita altrui li è cara.

     Altre vittime chiede! — Allor in faccia
si colorò, chinò le luci e, languida,
cadde di Tirsi fra l’aperte braccia.

     40L’augel tremante sen fuggí smarrito:
fu la vittima un bacio; e il sacrifizio
fu, senza sparger sangue, allor compito.