Pagina:Favole per i Re d'oggi.djvu/10

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6 ercole luigi morselli

giorni, quei pochi re che ci restano, siano ancora i re d’Egitto o i tiranni di Grecia o gli imperatori romani?!... Ma oggi i re non leggono più le favole se voglion sapere la Verità! Hanno rotto la ferrea cerchia dei cortigiani che li divideva dal loro popolo e si vantano di pensar liberamente e d’essere in tutto uguali a noi!!...»

Sentite: anch’io m’ero accorto che dai tempi di Ramsete erano passati dei secoli, e che da allora a oggi le cose erano un pochino cambiate; ma, nella mia enorme ignoranza della filosofia della storia, osservando attentamente i miei simili e i re, ero venuto nella strana convinzione che la moderna eguaglianza nascesse non dall’essere i re (come voi pensate) discesi fino a noi; bensì dall’essere noi saliti (per così dire) fino ai re: dall’esser cioè divenuti noi tanti piccoli re, stracarichi di boria e d’ogni altro regale peccato; perpetuamente illusi di nostra potenza, così nelle battaglie dell’anima come in quelle della vita; preoccupati sempre di ciò che muta, più che dell’eterno immutabile; serrati nella ferrea cerchia dei nostri pregiudizi, che sono i nostri fedeli cortigiani, e ciascuno ha la sua gran parola e la sua infallibile sentenza da sussurrarci misteriosamente all’orecchio o da declamarci pomposamente davanti nell’ora del dubbio. Ora, seguendo appunto questa mia fantasticheria da profano, pensai che, cresciuto in sì straordinaria guisa il numero dei re e delle corti, ci fosse più bisogno di favole, al mondo, oggi, che non ai tempi di Esopo.

E così, come a Dio piacque, mi misi a scriverne qualcuna: poi altre, poi altre ancora.

E ora che; bene o male, le ho scritte, vorreste forse che le buttassi via?