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Pagina:Ferrero - Appunti sul metodo della Divina Commedia,1940.djvu/172

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rità) a una cantastorie; poi chiede bruscamente a un passante «le piacciono, le canzonette?» e aggiunge «a me piace il canto dell’organo nelle sere d’autunno, fredde, buie e umide, specialmente umide». Poi si ferma sulla porta di un’infame osteria e fa qualche complimento a una prostituta. Finalmente, entra al Palazzo di Cristallo e si mette a leggere, nei giornali, la storia del suo delitto; finché, in una conversazione con il poliziotto Zamétoff, che era a un tavolo accanto, gli dichiara d’esser lui l’assassino; ma con l’aria di scherzare. Quest’ultima scena è tremenda. Ebbene, attraverso a tutti questi piccoli fatti, si sente il divincolarsi solenne e straziante di un uomo contro una ossessione che sta per invaderlo tutto. Ma credi tu che qualsiasi successione di piccoli fatti avrebbe avuto lo stesso effetto? Neanche per sogno. Non hanno effetto che quei fatti, in cui si condensi la tremante e impalpabile materia del dramma. Ci sono dei iatti, come questi, di ordine fisico, delle azioni visibili, in cui una tempesta interiore si manifesta con più evidenza che attraverso i discorsi; e tali che ci spalancano l’anima umana in un momento in cui soffre, più che l’analisi stessa dello scrittore. Sono queste le ombre.

CLAUDE. — Sì; ma il sistema ha degli inconvenienti; tra l’altro questo, che per il mio

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