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meditazioni sulla storia d’italia 7

Tenevelli — fucilato.


Pagano — impiccato.


Conforti — fucilato.

E il seguito si può leggere nelle «Mie prigioni» di Silvio Pellico.

La nostra civiltà è cosí dura, che tollera soltanto un’inumana grandezza. Si ignorano le moltitudini di uomini geniali morti in silenzio — di cui è svanito il ricordo e scomparsa l’ombra. Più spesso, gli uomini grandi si rimpiccioliscono per non offendere.

La storia di un popolo come il nostro è popolata di massacri, di assassinii, di soffocamenti, di mutilazioni sconosciute: sforzi grandiosi, inutili e dimenticati.

Il destino delle «élites» greche non è stato più fortunato.

In Atene: il roseo Partenone rammenta ancora la fuga e l’assassinio di Fidia; una caverna in cui i ragazzi si rifugiano quando giuocano a nascondersi, l’esecuzione di Socrate; la collina di Pnyx, le ombre degli esuli e l’arguzia d’una nazione che usava la ricchezza della sua lingua nello stesso tempo a cantar la luce del sole e a redigere con eleganza sentenze di morte.

Ma forse peggiore che il tempo in cui l’Italia si solleva tutta contro i propri grandi è il tempo in cui li abbandona e diviene come invisibile. In questi momenti di angoscioso silenzio, in cui tra popolo e aristocrazia non c’è più lotta ma igno-