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140 sonetti.


XCII.

DE PAL' IN FRASCA.


     Chedè?1 bella la fija der notaro
Qui incontro? quella che s’è fatta sposa?
Dichi ch’è bella? Abbi pacenza, Rosa;
Sì, ciavrà la bellezza der somaro,2

     Ma poi der resto, di’, che cià de raro?
Nun fuss’antro quell’aria superbiosa,
Che pare che t’avanzi quarche cosa.
E poi, tu guarda quer grugnaccio amaro,

     In fónno è tutt er grugno de su padre....
Sibbè che si s’avessi da dà retta
A quer ch’er monno dice de su madre,

Chi sa si è lui?... Ma già, si un ciorcinato3
Je càpita pe’ moje ’na ciovétta,
Lui nun ce n’ha né córpa né peccato.



  1. Che è? come?
  2. Cioè, la giovinezza.
  3. Disgraziato. Questo costrutto: Ma già, se un disgraziato gli capita ec., ha riscontro anche nel fiorentino: «Lei sa che noi altre monache, ci piace di sentir le storie per minuto.» (Promessi Sposi, IX.) Due altri costrutti di questa specie si possono vedere ne’ sonetti: Er pranzaccio (pag. 104, v. 8-9), e Er cane (pag. 112, vv. 13-14).