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un nuovo poeta romanesco. 9

l' epoca,» dice argutamente il D’Azeglio, «Napoleone aveva fouetté le sang; e non rassomigliava punto a quel tipo lumaca che ha fiorito poi per tanti anni tra noi, all’ombra dei cappelloni dei gesuiti, e dei troni e tronini e tronucci dei principotti austro-borbonico-italiani; che Dio conceda pace all’anima loro. Ed io,» continua il D’Azeglio, «in quest’ambiente gaio, bevevo avidamente, come dice non so che poeta, l’aura d’una vita nuova tutta immaginosa, e mi pareva finalmente d’esistere. In questa gaia società, il Ferretti padre si strinse col Belli in tale amicizia, che durò più di quarant’anni e non finì neppur con la vita. Nato nel luglio del 1784, il Ferretti aveva sett’anni più del Belli, e morì il 6 marzo del 1852, undici anni prima di lui. Un mese dopo, il Belli lo rimpiangeva in un sonetto, che è de’ migliori che abbia scritto in italiano, e che forse lesse al l’Accademia Tiberina, della quale, insieme con l’amico suo, era stato uno de’ fondatori.

In morte di Giacomo Ferretti.

     È già compiuto il quadragesim’anno
Dacchè l’uom ch’io rimpiango e benedico
Tutto di cuor mi si profferse amico,
Non pur con labbra siccome altri fanno.

     Però fra quanti di sua morte al danno
Vi condolete io qui vengo e vi dico
Che, degli amici suoi forse il più antico,
Più in me risento del comune affanno,