Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
18 | un nuovo poeta romanesco. |
a Dio, don Ghetano rimette fuori il principe de’ suoi argomenti, ma in una forma così comica, che fa del sonetto un vero capolavoro:
D. G. . . . . . . . . . . . . . . . . come va
Ch’è robba sua de Dio puro la fede?
Peppe. Perché la fede fa che s’ha da crede
Nun solo quer che se pò vede, ma
Puro l’artro, ch’a dì la verità,
Nun ciarïèsce mai de poté vede.
D. G. E tu ce l’hai sta fede?
Peppe. Eh! tanto quanto...
D. G. Ma si è poca, nun basta pe’ sarvàsse.
Peppe. Voi dite be’, ma nun so’ mic’un santo,
E quanno ch’arifrètto ....
D. G. E che? nun sai
Si quer che s’ha da fà pe’ nu’sbajàsse?
Quer che fo io: nun arifrètte mai.
(lxxxi.)
Quelle crudeli parole della dottrina, in questo caso tutt’altro che cristiana: «i soldati nella guerra giusta (?) non peccano mentre feriscono o ammazzano,» Peppetto le espone così:
E nun pèccheno poi manco p’er c.... (lviii.) |
E, un’altra volta, dopo aver raccontata la passione di Gesù Cristo,
Sotto quer porco de Ponzio Pilato,