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un nuovo poeta romanesco. 31

Insomma, il Marini non ha una conoscenza sicura del suo vernacolo. Costretto dal governo papale a vivere per molti anni lontano da Roma, egli non ha potuto e non si è curato acquistarla, perchè non l’ha reputata necessaria. Ha badato solamente ad aguzzare gli strali satirici contro il nemico suo e della sua patria, non riflettendo che, o si scriva in lingua o in vernacolo, non c’è pensiero perfetto senza forma perfetta. Errore funesto, che io ho voluto combattere, perchè l’esempio del Marini potrebbe essere contagioso; e staremmo proprio freschi se l’artifizio rettorico, che ci ha guastato tanta parte della lingua e della lettera tura comune, ci guastasse ora anche i dialetti e le loro letterature, che con l’esempio continuo della verità e naturalezza possono, e in parte già l’hanno fatto, ricondurre anche la lingua e la letteratura nazionale a’ loro veri princìpi.

Devo però dire, e lo dico con tutto il piacere, che alcuni de’ sonetti del Marini, e specialmente di quelli che ha scritto dopo il suo ritorno a Roma, vanno quasi affatto immuni da difetti di forma, e per vena satirica sono in tutto degni di stare alla pari con quelli del Belli. Si veda, per esempio: La vita del Prigioniero, Il miracolo della Madonna in Trastevere, Il Sarto e il Deputato, L’Oste fedele all’indulto del Cardinal Vicario per l’osservanza della quaresima (bruttissimo titolo, ma stu-