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36 un nuovo poeta romanesco.

Ecco a buon conto, e per rallegrare un poco queste mie chiacchiere, altri cinque sonetti sopra argomenti vecchi e toccati in parte anche dal Belli, ma che il nostro poeta ha saputo ringiovanire, guardandoli da lati nuovi e pensandoli col proprio cervello senz’ombra d’imitazione:


CXIV.

LA POVERELLA.1


     Oh! be’ levata, signorina mia....
So’ io, nun ve sovvie? So’  propio quella
Che vostra madre, benedetta sia,
Quanno ch’annav’in chiesa, poverella,
     Me dava sempre quarche cosa.... Eh via!
M’ajuti un po’, signorina mia bella;
Ch’io pregherò la Vergine Maria
Che nu’ la facci arimané zitella.
     Nun cià gnente? Ma propio nun cià gnente?...
(Va be’, sempre le solite canzone,
Ma io mica ce credo un accidente.
     E si dura cusì ’na sittimana,
Pe’ me la lasso annà sta professione:
Guadambio più si faccio la roffiana.)




  1. Si confronti questo sonetto con quello famoso del Belli, che ho riportato a pag. 2, in nota.