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62 sonetti.


XIV.

SARV’OGNUNO!


  L’incontrai lì a San Stefano der Cacco1
Propio quela matina; anzi je diede,2
Maricordo, ’na presa de tabbacco;
Ma quanno, pover’omo, se n’agnéde,3

     Vedde4 che camminava fiacco fiacco,
E poi m’accòrse5 che se messe a sede,
Ma io me crése6 che lui fussi stracco
E nun potesse arèggese7 più in piede.

     Anzi, mo che ce fo mente locale,
Lui, me sovviè, che se levo er zucchetto8
E po’ piegò la testa tal e quale

     Com’un cristiano che je pija sonno....
Povero vecchio!. chi l’avessi detto
Che in quer momento annava a l’antro monno



  1. Questa chiesa di Roma, che dà anche il nome alla via in cui si trova, alcuni credono che abbia ricevuto un così strano appellativo, perchè tra le figure e i simboli egizi dell’antico tempio d’Iside e Serapide, sulle cui rovine fu costruita, spiccava particolarmente un Cinocefalo o Macacco. A me però non pare del tutto infondata l’opinione del Borrichio (Grevio, Thesaurus Antiquitatum Romanarum; Venetiis, 1732; v. IV, col. 1594), secondo il quale codesto appellativo deriverebbe da Caco. Ma per sostenere siffatta opinione, che il dotto Danese appoggia con parecchie buone ragioni, non c’è poi bisogno di ricorrere, come fa lui, al vano espediente di togliere un c a