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90 fingal

Oscarre, onor di gioventù, tu vedi
Come cadder da forti. A par di questi
330Fa tu d'esser famoso, e sii com'essi
Subbietto dei cantor: menavan vampo
Essi in battaglia, ma nei dì di pace 7
Faccia avea Rino placida ridente,
Simile al varïato arco del cielo
335Dopo dirotta pioggia, allor che spunta
Gajo sull'onde, e d'altra parte il sole
Puro tramonta, e la collina è cheta.
Statti in pace, o bel Rino, o di mia stirpe
Rino il minor, ti seguiremo, o figlio,
340Chè tosto o tardi han da cadere i prodi!
     Tal fu la doglia tua, signor dei colli,
Quando giacque il tuo Rino. E qual fia dunque
D'Ossian la doglia, or che tu giaci, padre?
Ah ch'io non odo la tua voce in Cona!
345Ah che più non ti veggo! Oscuro e mesto
Talor m'assido alla tua tomba accanto,
E vi brancolo sopra. Udir talvolta
Parmi la voce tua, lassù! e m'inganna
Il vento del deserto. È lungo tempo
350Che dormi, o padre; e ti sospira il campo,
Alto Fingàl, correggitor di guerra.
     Lungo l'erboso Luba Ossian e Gaulo
Sedean presso a Svarano. Io toccai l'arpa
Per allegrare il cor del re, ma tetro
355Era il suo ciglio; ad ogn'istante al Lena
Girava il bieco rosseggiante sguardo;
Piangeva il popol suo. Gli occhi ver Cromla
Anch'io rivolsi, e riconobbi il figlio
Del generoso Semo. Ei tristo e lento 8
360Si ritrasse dal colle, e volse i passi
Alla di Tura solitaria grotta.
Vide Fingàl vittorïoso, e in mezzo
Della sua doglia, involontaria gioja 9
Venne a mischiarsi. Percoteva il sole
365Sull'armi sue: Conàl tranquillo e cheto
Lo venìa seguitando; alfine entrambi
Si celâr dietro il colle, appunto come
Doppia colonna di notturno foco,
Via via spinta dal vento. È la sua grotta
370Dietro un ruscel di mormorante spuma
Entro un rupe; un albero la copre
Con le tremanti foglie, e per li fianchi
Strepita il vento. Ivi riposa il figlio
Del nobil Semo; i suoi pensier son fisi
375Pur nella sua sconfitta; aride strisce
Gli segnano la guancia: egli sospira