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— Lasso! — dicea — quanti’ oggi mercenari
mio padre agiatamente nutre e pasce!
ed io morrò di fame? ahi giorni amari
ch’io ben dovea morirmi ne le fasce!
Vostra mercé, miei fidi secretari,
che mi guidaste lá dove ’l mal nasce,
i’ dico a voi, mie voglie, tanto accorte
che fosti nel condurmi a si empia sorte!
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Or, dite; che faremo? e con che fronte
andremo noi dinanzi al nostro padre?
Questo pur a voi tocca, a voi che pronte
ministre siete al torto e si leggiadre;
ma troppo l’opre vostre mi son cónte!
Non mi fido piú no, rubalde e ladre
che fosti di quel ben, che va né riede:
or senza voi m’andrò gridar mercede!
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— Padre — dirò — (se pur di cotal nome
nomarti fui mai degno), or conosco io
non esser piú, donde figliuol mi nome:
si vissi contra te malvagio e rio !
Ecco, peccai: giá non ti nego come
di tanto è ricaduto Tesser mio,
che (quando a te non spiaccia) mi fia caro
esserti non figliuol, ma mercenaro! —
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Cosi fermo pensier fra sé tenendo,
prese lungo viaggio infin che venne
lá dove ’l padre suo, noi conoscendo,
com’augel mal satollo e senza penne,
stette a mirarlo pria; ma poi correndo
l’accolse ne le braccia, né sostenne
ch’ei si recasse il suo fallire a noia:
tant’era in su quel punto pien di gioia!