Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. II, 1912 – BEIC 1821752.djvu/70

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Questi di spini una corona, quello
l’asta pungente onde mori la Morte,
chi gli aspri duo flagelli, chi ’1 martello,
chi le tanaglie e chiodi e le ritorte,
la spongia in canna, il fele in un vasello,
i dadi e ’l manto per spartirlo a sorte:
evvi la scala, il gallo ed i danari,
prezzo di sangue ed idolo d’avari.
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Madonna che ciò mira s’erge in piede,
chinando a quegli vergognosa, e tace.
Essi, ch’avean a lei la prima sede
giá fabricata ne l’eterna pace,
l’onoran come lei che piú alta siede
lá d’ogni idea, piú che qua bassa giace.
Poi de le chiare lor celesti forme
feron ghirlanda al Fanciullin che dorme.
HO
Ei dorme in atto da baciarlo mille
e mille volte né esserne satollo:
par che nettar, ambrosia e manna stille
da quella santa bocca, mento e collo !
Eran cosi le cose allor tranquille
che non s’udia quantunque picciol crollo,
come se ’n quella notte l’universo
stesse col suo Fattor nel sonno immerso.
111
Ma dopo alcuno indugio il Parvolino
(perché non so, sall’esso!) si conturba,
schiudesi gli occhi e vedesi vicino
sparsa d’ intorno la celeste turba.
Gode l’obbietto in sé alto e divino
a quelle orribil arme; poi si turba
tutto l’umano, e ’n segno di spavento
le membra fan quel che le foglie al vento.