Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. II, 1912 – BEIC 1821752.djvu/76

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Leggesi che Iacob, sendo in procinto
per oggimai sbrigarsi a piú serena
vita fuor d’esto nostro laberinto
(donde rar’è chi ben se ne scatena),
da duodeci figliuoli atorno cinto,
con debil voce ed affannata lena
levò la testa un poco ed a ciascuno
lo stato lor predisse o chiaro o bruno.
5
Spedito ch’ebbe Ruben, poi Simone,
, ch’erano i primi, tutto riverente
voltossi a Giuda e con maggior sermone:
— Figliuol mio — disse, — or fisso denti a mente
I quanto di te nel cielo si dispone.
Tu fie lodato da quantunque gente
alberga in terra, e a’ giorni piú felici
p le man terrai nel crine a’ tuoi nemici.
» 6
I figli del tuo padre adoreranno
chi nascerá di te, possente leo:
costui le nazioni attenderanno;
ma non verrá se non quando l’ebreo
popol sia sottomesso a stran tiranno,
che di regale il faccia vii plebeo.
Qualor dunque ti fia lo scettro tolto,
di’ ch’esso vien perch’abbiati disciolto. —
7
Simil parlar dal padre intese Giuda,
solo degli altri al gran mistier eletto:
Ch’Erode il fier poiché stuprò la nuda
Gerusalem nel scelerato letto,
ed essa tanto bella a cosi cruda
bestia nel santo tempio die’ ricetto,
scese l’alto leon, che ruppe in terra
l’inutil pace, a farne l’util guerra.