Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. III, 1914 – BEIC 1822407.djvu/13

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Ma poi che gli anni verdi, non che i mesi,
del senno stoico diffalcai nei sogni,
poi che i fior senza frutti andáro spesi,
io, del ver lume privo e colmo d’ogni
65nebbia fallace, tratto fui lá dove
Giesú sovvenne a’ nostri uman bisogni.
Giesú, di Dio figliuol, con alte prove
d’umiltá santa armato, a sé suppose
quanto di sopra e sotto al ciel si muove.
70Dirò dunque di Lui com’ei s’ascose
dentro a quest’ombre nostre per salvarne,
promesso al fido Abramo, al santo Mòse.
Io vidi l’alto Dio, celato in carne,
vagir sul feno, predicar salute
75e del suo sangue in croce alfin lavarne.
Vidilo abbietto e carco di ferute,
vidilo morto, e poi, di terra scosso,
vidilo trionfar per sua virtute.
Però, Giesú, per tua mercede smosso
80io dal torto cammin de’ saggi erranti,
di te sol dicer voglio, deggio e posso!
Tu la virtú mi dá’, Signor, ch’io canti
te solo Dio nel ciel, sol Bene eterno,
sol giusto in terra, solo onor de’ santi !
85Le infinite tue posse non discerno,
se miro in ciel l’immenso amor, se in terra,
il giusto tuo furor se nell’inferno.
Per te sta il ben di gloria, che si serra
dal mortai occhio; il ciel per te s’aggira
90con le ben giunte stelle, e mai non erra;
per te cagiona il sol quanto si mira
ver’noi calar giú d’alto, e piogge e nevi,
e ’l fiato, ch’or veloce or lento spira.
Tu, stando, il moto fai; tu duo piú levi
95degli elementi sotto ai ciel sospendi,
e al centro andar giú lasci duo piú grevi.