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CANTO VIII

Discorso di Palermo: «Come degnamente tutti per lo peccato originale
fummo privi del ben eterno».
Date che far le meritate pene
a quegli egregi nostri genitori,
che a Dio sepper equarsi cosi bene,
chiudesi l’orto degli eterni fiori.
5Giustizia ed Innocenza a mano a mano
tornano al Padre fra gli empirei cori.
Compiuto era il prim’atto, che soprano
troppo a’pastori parvemi d’ingegno,
e pur non fu mai greco né romano,
io Quel pronto uscir di morte fuor d’un legno,
il finto terremoto, l’omhre, il tuono,
il gran contrasto nel celeste regno
mi furo a gran stupore ed oggi sono,
e, mentre vivo, sempre mi saranno;
15e godo s’io vi penso e ne ragiono.
Cose leggiadre fra’mortali s’hanno
dagli uomini sagaci e d’arte illustri,
ch’argani e rote ben disponer sanno.
Vólto a Palermo dissi : — Oh quanti industri
20costor vi avete fatti! Anzi ch’io veggia
opre si nuove, andranno mesi e lustri.
E, s’io narrar vorrò ch’entro una greggia
tal atto vidi uscir, ch’incender puote
Roma, d’invidia non sará chi ’l creggia.
25Veduto ho il cielo aperto e tante rote
d’angeli bianchi e negri, e quel fatale
tra lor conflitto e tante sedie vote.
Finger meglio chi sa? Ma lasso! quale
fu questa colpa originai, cui poscia
ne sia successo pena universale?
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