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210 iii - scritti vari dal 1799 al 1802


E’ pare che la tua fortuna, la tua fama e la tua virtú te ne abbiano in tempo aperto il campo. Tu ti se’ locato sopra un seggio, donde e col braccio e col senno puoi restituire libertá a noi, prosperitá e fede alla tua repubblica e pace all’Europa.

Pure, né per te glorioso né per me onesto sarebbe s’io adesso non t’offerissi che versi di laude. Tu se’ omai piú grande per i tuoi fatti che per gli altrui detti: né a te quindi s’aggiugnerebbe elogio, né a me altro verrebbe che la taccia di adulatore. Onde t’invierò un consiglio, che essendo da te liberalmente accolto, mostrerai che non sono sempre insociabili virtú e potenza, e che io, quantunque oscurissimo, sono degno di laudarti, perché so dirti fermamente la veritá.

Uomo tu sei, e mortale, e nato in tempi ne’ quali la universale scelleratezza sommi ostacoli frappone alle magnanime imprese e potentissimi incitamenti al mal fare. Quindi o il sentimento della tua superioritá o la conoscenza del comune avvilimento potrebbero trarti forse a cosa che tu stesso abborri. Né Cesare, prima di passare il Rubicone, ambiva alla dittatura del mondo.

Anche negli infelicissimi tempi le grandi rivoluzioni destano feroci petti ed altissimi ingegni. Ché, se tu aspirando al supremo potere, sdegni generosamente i primi, aspirando alla immortalitá, (il che è piú degno delle sublimi anime), rispetterai i secondi. Avrá il nostro secolo un Tacito, il quale commetterá la tua sentenza alla severa posteritá.

Salute.

 Genova, 5 agghiacciatore, anno viii.

Ugo Foscolo.