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298 iv - seconda edizione delle


FRAMMENTI DELLA STORIA DI LAURETTA

Non so se il cielo badi alla terra. Ma, se ci ha qualche volta badato (o almeno il primo giorno che la umana «razza» ha incominciato a formicolare), io credo ch’egli abbia scritto negli eterni libri:

l’uomo sará infelice.

Né oso appellarmi di questa sentenza, perché non saprei forse a che tribunale, tanto piú che mi giova crederla utile alle tante altre «razze» viventi ne’ mondi innumerabili. Ringrazio nondimeno quella Mente che, mescendosi nell’immenso mondo degli esseri, li fa sempre rivivere agitandoli; perché, con le miserie, ci ha dato almeno il dono del pianto, ed ha punito coloro che con una insolente filosofia si vogliono ribellare dalla umana sorte, negando loro gl’inesausti piaceri della compassione. «Se vedi alcuno addolorato e piangente, non piangere»1. Stoico! non sai tu che le lagrime di un uomo compassionevole sono per gl’infelici piú dolci della rugiada su l’erbe appassite?

O Lauretta! io piansi con te sul sepolcro del tuo povero amante, e mi ricordo che la mia compassione temprava l’amarezza del tuo dolore. T’abbandonavi sul mio seno, e i tuoi biondi capelli mi coprivano il volto, e il tuo pianto bagnava le mie guance; poi traevi un fazzoletto e m’asciugavi, ed asciugavi le tue lagrime, che tornavano a sgorgarti dagli occhi e scorrerti su le labbra. Abbandonata da tutti! Ma io no, non ti ho abbandonata mai.

Quando tu erravi fuor di te stessa per le romite spiagge del mare, io seguiva furtivamente i tuoi passi, per poterti salvare dalla disperazione del tuo dolore. Poi ti chiamava a nome, e tu mi stendevi la mano e sedevi al mio fianco. Saliva in cielo la luna; e tu guardandola cantavi pietosamente. Taluno avrebbe osato deriderti; ma il consolatore de’ disgraziati, che guarda con un occhio stesso e la pazzia e la saviezza degli uomini, e che compiange e loro delitti e le loro virtú, udiva forse le tue meste voci, ti spirava qualche conforto. Le preci del mio cuore t’accompagnavano:

  1. Epitteto, Manuale, xxii.