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62 i - scritti vari dal 1796 al 1798


in faccia a coloro che in repubblica mantengono i modi di tirannia. Io perseguiterò sempre con la veritá tutti i persecutori del vero, andrò superbo della inimicizia de’ malvagi, alle accuse comprate contrapporrò lo istituto della mia vita; e, dove i potenti vincessero, su me ricadrebbe il danno, ma tutta sovr’essi la infamia.

II

Ben io parlerò di Vincenzo Monti, di cui l’alto ingegno fe’ rilevare gli errori ignoti in tanti altri, de’ quali gli scritti sono oscuri al pari del loro nome e de’ loro delitti. La irritata ambizione di chi si vide incapace di superare la fama di questo grande italiano si prevalse de’ suoi falli, onde oscurarne, se non la gloria, almeno l’onore. Colpa del Monti fu l’essere grande. Se dunque la difesa, ch’io imprendo, m’acquisterá nemici, io mi compiacerò di aver comune la sorte ad un uomo ingiustamente perseguitato. Duolmi soltanto che alla veritá contrapporrassi menzogna, agli argomenti villanie, all’aperta difesa la sorda persecuzione. Ma poca laude dai buoni e poca interna compiacenza (che a me è piú cara di tutte le laudi) ne ritrarrei, s’io non sollevassi l’oppresso, anche a pericolo di precedere la sua ruina.

III

Forse la discolpa del Monti spettava a lui stesso: io nulladimeno né adotto né riprovo il suo contegno. Il silenzio anima gli accusatori; la universalitá degli uomini, maligna e credula, tragge da ciò argomento di convinzione; e se da certuni il tacere ad altezza d’animo, dai piú, presso i quali sta la pubblica opinione, s’ascrive sempre a viltá. Ma, d’altra parte,

          uom che ad eterna e prima gloria aspiri,
          contro invidia e viltá dee stringer l’armi.