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68 i - scritti vari dal 1796 al 1798


XI

Sembra a taluni la cantica un capolavoro di poesia: quindi malignamente si va ridicendo che il Monti cosí non avrebbe scritto, se cosí non avesse con persuasione pensato. Ma né Cicerone favoriva la tirannide d’Ottaviano, ch’ei pur tanto magnifica, attendendo tempo di abbatterla. D’altronde non tutti fanno le meraviglie di tale poema, che fu anzi da dotti1 imputato di stranezza nella elocuzione, di servilitá ne’ concetti e di monotonia di spiriti, d’angeli e d’ombre. Fra i poemi del Monti, al Bertòla diletta maggiormente il Prometeo, a molt’altri il canto della Bellezza; mentre tutti coloro che s’arrestano su lo stile, senza esaminarne l’architettura, pregiano l’Aristodemo2. Né a me, che piú di tutti gli altri suoi versi ammiro la Feroniade, sembra sí gran cosa il Pericolo, poemetto di cui l’autore piú si compiace. Ma queste liti di gusto, che rimangono sempre indecise, sono sciolte magistralmente da’ nemici del Monti, i quali esaltano la sola cantica Basvilliana.

XII

Se la domestica vita di tutti i grandi dell’antichitá serve assai piú che le loro gesta a tramandarci il loro carattere, perché vorremo noi trascurarne l’esame, giudicando i nostri contemporanei? I primi casi e lo ingegno del Monti lo posero da giovanetto in un posto, men degno certo di lui, ma invidiato in que’ vilissimi tempi da animi bassi, che non poteano e non

  1. Vedi i Dialoghi d’amore del Bettinelli, impressi in Rovereto nel 1796, e il Giornale letterario di Venezia del 1795 [F.].
  2. Oltre i molti giornali che parlarono a lungo di questa tragedia, è da vedersi la lettera del Tiraboschi impressa dietro l’edizione romana delle Tragedie del Monti e le Notizie storico-critiche dell’«Aristodemo», nel primo volume del Teatro italiano applaudito [F.].