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138 vii - viaggio sentimentale di yorick


cielo. Eterna fonte de’ nostri affetti! Or si ch’io ti cerco, or si tutta la tua

   divinità dentro il mio petto esulta1.

Ma non già quando la tristezza e l’infermità, quando

   l’alma in sé si ristringe, e inorridita
   l’annientamento suo guarda e s’arretra.

Vana pompa di frasi!2 bensí quando un generoso piacere, e un affanno generoso mi viene di fuori, allora, allora emana tutto da te, o grande Sensorio dell’universo! da te che diffondi la tua vibrazione, quand’anche un unico crine ci caschi dal capo, e la propaghi nelle piú remote solitudini del creato. Tócco da te, Eugenio schiude un po’ le cortine sotto le quali io giaccio languendo, ascolta la storia de’ miei patimenti, e intanto i suoi nervi tremano dolorando; ma egli n’accusa l’intemperie della stagione. Tu spiri sovente una scintilla del tuo calore all’aspro alpigiano, mentre trascorre su per le rupi agghiacciate, e s’abbatte in un agnello straziato dal dente del lupo. Vedilo, con la testa appoggiata al vincastro, inchinarsi pietosamente verso l’agnello. — Ah, foss’io giunto un poco piú presto! — L’agnello spira nel suo sangue, e il cuore compassionevole del pastore gronda sangue!

Pace sia teco, generoso pastore: tu ora te ne vai contristato; ma la gioia te ne renderà il merito; poiché la tua capanna è beata, e beato chi l’abita teco, e beati gli agnelli che ti belano attorno.

  1. Catone, tragedia d’Addison, atto v, sc. i, dove si leggono anche i due versi seguenti [F.].
  2. Yorick intende di dire che l’estremo sentimento de’ propri mali abbatte le forze dell’uomo; ma che la compassione per gli altrui le esercita con acuta e mestissima voluttà [F.].