Pagina:Foscolo - La chioma di Berenice, 1803.djvu/197

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               La prisca Tebe dalle cento porte,
               Ove Mennon saluta, risuonando,
               La sua nascente aurora.

Ma il più antico ed il primo che ne parli è il padre della storia greca (Erodot., lib. ii), ove descrive le statue de’ signori vetustissimi d’Egitto, sebbene egli non la creda (come altri a’ suoi tempi congetturavano, Μέμνονος εἰκόνα εἰκάζουσί μιν) statua di Mennone: seppure Erodoto in quel luogo intende di questa statua vocale, poiché altrove quel viaggiatore d’Egitto e cercatore di meraviglie non ne fa motto. Manetone bensì scrittore a’ tempi di Filadelfo diligentemente ne scrisse (presso Sincello in Chronographia), se nondimeno non fosse questa una delle solite giunte d’Eusebio. Il che ammettendosi, niuno della statua vocale fa motto né latino né greco scrittore sino a’ tempi d’Augusto. Ma che sino dall’età di Cambise re persiano la statua parlasse, è tradizione universale. Cambise, or son quasi secoli xxiv, la fece mutilare (Pausan. in Atticis, vedi anche la cronaca Alessandrina), sospettando fraudi, e nella statua v’è un’iscrizione d’onde, quantunque guasta, si tragge: Che Cambise ferì la pietra parlante, immagine del Sole. Nondimeno Strabone scrive che la parte del colosso crollò per terremoto. Il vero è che a’ tempi di Domiziano il Mennone parlante era dimezzato. Giovenale, loco citato:

          Dimidio magicae resonant ubi Memnone chordae,
          Atque vetus Thebe centum iacet obruta portis.

Pausania la vide sedente, e la parte dalla testa al fianco giaceva a terra negletta (loc. cit.). E la udì sul far del sole mandar un suono di corde liriche, quando tendendosi si rompono. Più cautamente Strabone (loc. cit.): Credesi che una volta al giorno risuoni: Essendo io con Elio Gallo e con gli amici e commilitoni, verso l’ora prima udii il suono: