Pagina:Foscolo - La chioma di Berenice, 1803.djvu/89

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note. Versi 17—18. 83


E dalla casa paterna le accompagnavano sino alle soglie del talamo d’onde poi erano lasciate,

               Claudite ostia, Virgines:
               Lusimus satis. At boni
               Conjuges bene vivite.

3.° Perchè, veri o falsi que’ piami, fingendo le giovinette tristezza, avrebbero mostrato meno pudore piangendo pubblicamente, che nelle stanze nuziali dove erano per la prima volta abbandonate da’ parenti in balia del marito. 4.° Perchè trovo questa medesima maniera nell’eneide xi verso 266.

Ipse Mycenaeus magnorum ductor Achivom
Conjugis infandae prima intra limina dextra
Oppetiit.

Non ita etc. Qualunque sia la lezione fra le tante e sì strane suonerebbe come la nostra antica e vulgata. Così mi ajutino gli Dei come le spose si dolgono a torto di non vere sciagure. Male gl’interpreti chiosano si dolgono fingendo. Callimaco avrebbe tacciato di simulata verecondia la regina. Non amava lo sposo prima delle nozze; anzi se ne dolea: lo amò tosto che lo conobbe. Onde sono così dilicataraente lodati e la tenerezza conjugale di Berenice, ed i pregi di Evergete. Male anche il Volpi, obbediente sempre al Vossio, guasta il verso col suo juverint. Confessa anch’egli che i vecchj diceauo jüare come all’opposto fu da’ posteri tolta la v consonante al verbo annuvo. A che dunque il mal-genio gli fa temere l’ombra del precettore? Ecco un esempio di Ennio che lo trarrà d’ogni scrupolo. Presso Cicer, in senect.

O Tite si quid ego adjüero curamque levasso.