Pagina:Frezzi, Federico – Il quadriregio, 1914 – BEIC 1824857.djvu/170

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164 libro secondo

     Vedi l’amor quanto a noi torna in pena
E tanto affliggon piú le parentele,
30quanto pria strinson con maggior catena.
     Ahi, quanto a’ vivi torna amaro il mèle
del dolce amor de’ figli e de’ congiunti,
quando gli uccide la morte crudele!
     Diece figliuoli in salda etade giunti,
35nove nepoti ebb’io ed un fratello,
e poi li vidi in un mese defunti.
     Com’io, che ’n questo inferno ti favello,
intorno intorno son cosí tagliato
e, perché troppo amai, ho tal flagello;
     40cosí interviene all’uom, quando l’amato
figlio o fratel gli è tolto, e piú tormenta,
quanto piú forte è coniunto e legato.
     La casa, onde fui io, è tutta spenta;
fui da Perugia, di santo Ercolano,
45e de’ Vencioli la prima somenta.—
     Per la piatá ingavicchiai la mano,
e volea dar risposta a sue parole;
ma e’ sparío sí come un corpo vano.
     Ond’io dissi alla dea:— Se tanto duole
50la cosa amata, quand’altrui si toglie,
ben è stolto colui ch’ama e ben vuole.
     Se non voglio d’amor sentir le doglie,
non posso avere al cor migliore scudo,
se non che d’ogni amore mi dispoglie.
     55E, se questo facessi, saría crudo;
ché, se non amo le persone note,
sarei di caritá e di piatá nudo.
     Né anco il posso far, ché mal si pote
ben rifrenar a che natura inclina:
60tanto a quel corso son le cose mote.
     — Tra tutte l’altre cose la piú fina
— disse Minerva a me— è ’l dolce amore,
se dal ver fundamento non declina.