Pagina:Frezzi, Federico – Il quadriregio, 1914 – BEIC 1824857.djvu/212

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206 libro terzo

     Ben mille poi trovai nel cammin duro,
ch’avíen del viso infiata sí la pelle,
che ciascun occhio in lor facea oscuro.
     Io dissi ad uno:— I’ prego che favelle,
140e di’ chi fusti e perché tu non vedi
la terra e ’l cielo e l’altre cose belle.—
     Rispose:— Se del nome mi richiedi,
detto fui Alardo e fui ’n Parigi artista
e tanto a vanitá ivi mi diedi,
     145ch’io curai solo a parer buon sofista;
e cosí fen quest’altri, che stan meco:
però a ciascuno è qui tolta la vista,
     ché ’n sapienza ognun fu vano e cieco.—