Pagina:Frezzi, Federico – Il quadriregio, 1914 – BEIC 1824857.djvu/331

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capitolo x 325

     Vero è che ingegno è un natural dono;
ma, quando l’uso e l’arte questa cetra
temperan sí, che ha perfetto suono,
     Docilitá si chiama, che penètra
140sí nel veder, che sa pigliar lo scudo,
’nanzi che in capo gli giunga la pietra.
     Alcun lo ’ngegno ha tanto grosso e rudo,
che la scienza s’affatica invano
che mai a provvedersi egli abbia cudo.
     145Benché in alcun sia l’intelletto umano
e grosso e rozzo, si fa luminoso,
quand’egli stesso vi vuol tener mano;
     ché un, che ’l cielo facea vizioso,
respuse:— La scienza mi fe’ casto,
150e l’assiduitá mi fe’ ingegnoso.—
     E spesso vidi giá esser contrasto
tra ’l sasso e l’acqua, e una goccia sola,
cadendo spesso, l’ha forato e guasto.—
     La man mi prese dopo esta parola,
155dicendo:— Addio, addio, dolce figliolo;
ch’io vo’ tornar a mia beata scòla.—
     Partissi allor con quel beato stuolo,
ed io piú ad alto presi la mia via;
e forse un sesto miglio era ito solo,
     160quando m’occorse un’altra compagnia.