Pagina:Gabburri, Vite di pittori, ms. Palatino E.B.9.5, I-IV, ca.1730 - 1742.djvu/139

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A

Abate don Gaetano Zumbo ovvero Zummo, siciliano. Questo virtuoso comparve in Bologna l'anno 1695 e fece stupire i più virtuosi dilettanti colle sue figurine di cere colorite, che ei formava, ma spezialmente ne i cimiteri, ne i cadaveri, e negli scheletri era rarissimo. Di tale perfezione tanto se ne compiacque il serenissimo Ferdinando gran principe di Toscana che per molti anni lo trattenne al suo servizio, stipendiato alla grande. Morì in Francia l'anno 1702. Bellissime opere di mano di questo artefice si conservano nella Galleria così celebre della Casa Reale di Toscana.

Abate Francesco Primaticcio bolognese (secondo il Filibien ed il Malvasia, parte II, foglio 151 e 279, fu discepolo d'Innocenzio da Imola nel disegno, e del Bagnacavallo nel dipinto. Allo scrivere del Vasari, parte III, libro II, foglio 211 (a cui il Malvasia si rapporta), fu scolare di Giulio Romano. Per la rarità del suo disegnare, e colorire, chiamato in Francia l’anno 1531 da Francesco I, che nel 1540 lo mandò a Roma, di dove portò in Francia centoventiquattro statue antiche e gran quantità di busti, avendo altresì fatto formare la Colonna Traiana, le statue della Venere de’ Medici, del Laocoonte, del Comodo, del Tevere, del Nilo e della Cleopatra di Belvedere, per poi gettarle di bronzo al suo ritorno in Francia, al quale effetto condusse colà in suo aiuto Francesco Libon. Adornò di stucchi e di pitture la Reale Galleria, ed in premio di sì belle opere lo dichiarò cameriere di onore e abate di San Martino.

Defunto il re, servì Enrico III, e successivamente Francesco II, che nel 1558 lo creò commissario e sopraintendente generale sopra tutte le fabbriche del regno, la qual carica esercitò altresì sotto il regno di Carlo IX. Questo monarca, insieme colla regina Maria de’ Medici, ebbero tanta stima di questo eccellentissimo artefice, che lo chiamavano la fenice del loro secolo, e facevano a gara a chi di loro più

10 colmava di onori e di ricchezze.

Consumato dalle fatiche, e dal tempo, morì in Francia, circa il 1570. Baldinucci, parte II, secolo IV, a 274. Con fama di valentuomo, ma di essere stato soverchiamente geloso del Rosso suo emulo, mentre per il fogo di sua passione dopo la morte del Rosso gettò a terra alcune pitture e ornati di quel grand’uomo. Ma quel suo odio segreto, non fu allora, né lo sarà mai, capace di scemare in minima parte il merito e la gloria del medesimo Rosso. Sandrart, a 160. Le marche che usò nelle stampe delle sue opere, le vedrai nella III parte alla tavola V. Vasari, parte III, a 318, nelle Vite di diversi, e 797. Le lodi, che nella Vita del Primaticcio il Vasari fa di questo, e di altri grand’uomini della Lombardia, servono per ismentire quegli