Pagina:Galiani, Ferdinando – Della moneta, 1915 – BEIC 1825718.djvu/305

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capo secondo 299


In primo nutriscono la pigrizia ne’ ricchi, pur troppo inclinati a giacervi dentro, ed opprimono il povero ad un grado quasi intollerabile. Né può essere maggior disordine in uno Stato che i tributi (per pagare i quali il contadino pena e s’affanna) sieno destinati a pascere la gente agiata senza pensiero e fatica alcuna.

In secondo luogo danneggiano l’agricoltura, si perché rendono vile il prezzo delle terre in confronto del loro, che per la maggior faciltá e certezza de’ frutti è piú pregiato, sí perché, non comprandosi da’ ricchi i poderi, ne resta la proprietá in mano a’ miserabili villani, privi del sostegno de’ ricchi nella coltivazione. E sará sempre peggio coltivato quel paese, dove il terreno è sminuzzato in innumerabili pezzetti di terre possedute da gente poverissima, di quello, ove i coloni, pagati con mercede da’ ricchi possessori di vaste tenute, non corrono i rischi delle cattive ricolte.

Ma di tanti danni il gravissimo è quando lo Stato contrae debiti dopo le sciagure di lunga e grave guerra. Trovandosi allora i sudditi esausti di danaro, gl’imprestiti sono fatti per la maggior parte da’ popoli confinanti, o al piú da coloro che in mezzo alla universale miseria sono arricchiti. Quanto sia grave male l'esser uno Stato debitore agli stranieri, è cosa cosí manifesta, che non richiede dimostrazione. Détte dunque cattivo consiglio e da nemico l’abbate di San Pietro, quando propose al governo di Francia la creazione di nuove rendite sur l’Hotel de ville e tanto l’esaltò; non avvertendo che sarebbero state acquistate parte dagli olandesi e parte da que’ finanzieri stessi, ch’egli avea chiamati le «sanguisughe della Francia».