Pagina:Galiani, Ferdinando – Della moneta, 1915 – BEIC 1825718.djvu/334

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328 note aggiunte nella seconda edizione


A chiunque abbia pratica de’ prezzi attuali de’ viveri, sará facile calcolare che quegli di questa nota sono poco piú della terza parte de’ correnti, tolto quello del riso, il quale è per contrario maggiore dell’attuale. Né io penso doversi tutto attribuire a scarsezza di raccolta, che ve ne fosse stata in quell’anno; ma credo esserne la cagione la poca cultura che si faceva di esso.

Concludendo adunque il discorso, vedesi quanto sia vero che, riunite insieme la mutazion del valore delle monete e la mutata quantitá de’ metalli preziosi, ciocché dicevasi un carlino ai tempi di Alfonso primo equivale a sette carlini d’oggidi.

XIII

(p. 116, r. 14)

Da questo mio sentimento sulla forma e regola da tenersi per continuare a monetare tra noi il rame, non ho ragione di ritrattarmi; anzi gli avvenimenti seguiti di poi m’incoraggiscono a confirmarlo. Voglio perciò tramandare alla posteritá questo che io passo a dire, giacché da niun istorico sará forse narrato, e conviene alla gloria de’ buoni principi che la storia sia la depositaria non solo degli errori e degli abbagli in politica, che sono per debolezza dell’umana natura frequenti, ma de’ pentimenti e delle ritrattazioni, che sono non meno gloriose che rarissime.

Nel 1755 fu indotto il re a risolvere di batter nuova moneta di rame, non di maggior peso che di sette carati il grano. L’antica era stata battuta quale di dodici e quale di dieci carati il grano. La ragionevole resistenza, che la deputazione della cittá ed i piú saggi magistrati fecero allora a cosí pernicioso consiglio, fu voluta tacciare di poco rispettosa. Ma non tardò quel giusto e saggio re ad accorgersi dell’errore, e fu sospesa in tutto la monetazione del rame, né mai piú vi si pensò.

Scorsi piú di venti anni, alcuni progettanti, credendo forse essersi cancellati dalla memoria degli uomini i fatti occorsi allora, hanno tornato a mettere in campo il progetto di battere la nuova moneta di rame, dandogli l’intrinseco di sette trappesi a grano, ed offerendo con ciò il profitto al principe di due, e fino di sei ducati per cantaio. Non è stata minore la resistenza che lo zelo degli eletti della cittá e magistrati gli han fatta; e la giustizia e l’avvedutezza del sovrano, lungi dall’irritarsene, questa volta l’ha altamente applaudita.