Pagina:Galiani, Ferdinando – Della moneta, 1915 – BEIC 1825718.djvu/346

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340 note aggiunte nella seconda edizione


A sí felice stato giá mi pare il Regno di Puglia pervenuto, o ben poco manca. La Sicilia può e deve continuare la sua libera esportazione, finché non ritorni a quella stupenda -popolazione, che sotto i Dionigi e gli Ieroni ebbe e che non ha mai di poi ricuperata.

XXVI

(p. 248, r. 9 sgg.)

Il Regno, se fusse deserto d’abitatori, non valerebbe nulla. Vale adunque in ragion degli abitatori che ha. Sono questi in oggi circa 4.500.000. Valuto il consumo d’ogni individuo, tra uomini e bambini, in termine medio, a quarantotto ducati l’anno, ragguagliando il piú caro vivere della capitale col piú vile delle province. Valuto l’interesse del denaro a piú del 4 e 3/4 per 100, ragguagliando la capitale, ov’è di sotto questo limite, colle province, dove il denaro è tra ’l cinque ed il sei per cento, ed anche talor dippiú, quando è stranissimo. Sicché la valuta in capitale d’ogni individuo è di mille ducati, ed il Regno viene a valere quattromilacinquecento milioni. Il frutto di questo capitale è (alla ragion di sopra accennata) duecentosedici milioni, e questa è la valuta annua di tutti i prodotti mobili e degli stabili del Regno. Ma quasi la metá di questa somma non ha bisogno d’esser rappresentata col contante, venendo consumata dagli stessi proprietari o data in baratto ed in luogo di contante. Rimangono adunque da circa centoventi milioni, che hanno da rappresentarsi con moneta; e, siccome è sicuro essere la quantitá della moneta nostra attuale incirca di trenta milioni, vede ognuno che, col solo girar ragguagliatamente quattro o cinque volte in un anno, basta a muover il tutto. Ed ecco perché il Regno nostro apparisce abbondante d’ogni classe di monete. Ognuno mi concederá che io mi sono apposto sempre di sotto, non mai di sopra al vero. Sicché non si troverá che io abbia dato un eccedente valore ad ogni uomo del Regno, valutandolo come un capitale di 1200 ducati. Se, malgrado questo che ho detto, io sembrerò soverchio oscuro a taluno, egli è perché lo spazio d’una nota non mi concede d’esser diffuso; e, se io volessi esserlo, farei quel libro, che non ho voglia né ragione di fare.