Pagina:Galiani, Ferdinando – Della moneta, 1915 – BEIC 1825718.djvu/379

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nota 373


giuridiche, storiche e filosofiche erano, a dir poco, centuplicate. Le sue straordinarie qualitá di scrittore, le quali, sia per inesperienza giovanile sia per suo proposito deliberato1, non avevano avuto troppo agio di mostrarsi nello stile sostenutamente accademico e togato della Moneta, si erano, specialmente dopo il suo lungo soggiorno parigino (1759-69), maravigliosamente affinate. Che piú? le stesse cariche pubbliche, che occupava (era consigliere e segretario del supremo tribunale di commercio dal 1769 e presidente della Giunta degli allodiali dal 1777), gli davan ora quel che il solo ingegno non gli poteva dare nel 1750, e cioè la pratica diretta degli affari finanziari. Quali condizioni piú favorevoli per imprendere della sua opera giovanile quella rielaborazione da cima a fondo, che era resa pur necessaria dalle mutate contingenze storiche? Senonché; insieme con tutto ciò, quell’ardore giovanile, il quale negli uomini di sfolgorante ingegno può tener luogo fino a un certo punto del severo e religioso amore per la scienza (che nello scettico animo del G. non aveva mai trovato troppo cordiale ospitalitá), si era del tutto spento. E, quando egli si rivide innanzi quelle pagine, che con tanta foga aveva buttate giú in un momento di entusiasmo, non provò altro sentimento che di noia, di disgusto, di repugnanza. Sentimento, che assale quasi sempre chi si accinga a trasformare un oscuro groviglio di pensieri in una o moltissime pagine di bella o brutta prosa; ma che pur si vince raccogliendosi in se medesimo e procurandosi per tal modo quella sovreccitazione di spirito, che, fatti superare i primi e piú forti ostacoli, rende poi la via sempre piú facile e spedita. Ma il G. non riusciva piú a trovare in sé cotanta forza di volontá. Figurarsi che perfino le settimanali improvvisazioni, che dirigeva alla signora D’Épinay, gli riuscivano ora intollerabili e le aveva a poco a poco dismesse! E, fecondo in pretesti come tutte le persone pigre, procurò di illudere se stesso e i lettori con la considerazione che, poiché le sue teorie scientifiche non erano punto cangiate, non v’era ragione alcuna perché la sua opera giovanile, della quale egli era sempre soddisfatto, venisse ora esibita in forma diversa2. Come se sul serio a cinquantanni si possa essere soddisfatti di un’opera scritta a venti, e non si senta vivo il bisogno di correg-

  1. Si veda infatti p. 331.
  2. Si veda sopra p. 357.