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capitolo decimosecondo. 33

mi sciolsero io più non mi lamentavo, ero svenuto, diventato un cadavere! E così mi incepparono. Io avevo traversato cinquantaquattro miglia di paese paludoso ove le zanzare sono insoffribili nella stagione in cui eravamo. Colle mani e co’ piedi legati, avevo indurato le tremende percosse del moschito, senza potermi difendere, quindi le torture di Millan. Oh! io avevo sofferto molto! Ora mi trovavo in ceppi al lato d’un assassino!

Andreus, il mio benefattore, era imprigionato. Gli abitanti tutti del villaggio erano atterriti, e senza l’anima generosa di una donna, io sarei morto. La signora Alleman, angelo virtuoso di bontà, calpestò il timore che tutti aveva invaso, e venne in soccorso del torturato! Io di nulla mancai nella mia prigione, grazie alla incomparabile mia benefattrice. Di li a pochi giorni fai condotto alla capitale della Provincia, Bajada. Stetti due mesi in prigione in quella città; quindi fui avvertito dal governatore che potevo andarmene liberamente.

Abbenchè io appartenessi a principii diversi di quelli di Echague, e ch’io abbia combattuto per una causa diversa dalla sua, cioè io servendo la libertà nella Repubblica di Montevideo, e lui luogotenente del tiranno di Buenos-Ayres che voleva aggiogarla, ad onta di ciò, dico, io devo confessare le tante obbligazioni di cui gli sono debitore, e vorrei oggi ancora potergli provare la mia gratitudine d’ogni cosa, ma massime per la mia libertà, che senza di lui poteva non ricuperare per un tempo indefinito.


Capitolo XII.

Libero.


Dalla Bajada presi passaggio con un brigantino genovese, capitano Ventura, uomo superiore alla moltitudine de’ concittadini nostri dati alla nobile nautica professione, in cui primeggia nella gran maggioranza un