Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1842.djvu/19

Da Wikisource.

- 13 -

GAZZETTA MUSICALE

N. 4

DOMENICA
23 gennaio 1842.

DI MILANO
Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà Antologia classica musicale.
La musique, par des inflexions vives, accentuées. et. pour ainsi dire. parlantes, exprimè toutes les passions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, soumet la nature entière à ses savantes imitations, et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sentiments propres à l’émouvoir.

J. J. Rousseau.

Il prezzo dell’associazione annua alla Gazzetta e all’Antologia classica musicale è di Aust. lire. 24 anticipate. Pel semestre e pel trimestre in proporzione. L’affrancazione postale della sola Gazzetta per l’interno della Monarchia e per l’estero fino a confini è stabilita ad annue lire 4. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Omenoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Uffici postali. Le lettere, i gruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porto.

DISCUSSIONI MUSICALI

Seconda lettera del signor FÉTIS, intorno allo stato presente delle Arti musicali in Italia 1.

N

ella seconda lettera in data del

15 novembre 1841 diretta la Brusselles all’Estensore della Gazette Musicale di Parigi, intorno allo stato attuale della musica in Italia, il ch. sig. Fetis manifesta molto più apertamente che non in quella già da noi accennata nel nostro N. 2, il proposito suo d’occuparsi del proprio argomento più che mai sul serio e di svolgerlo sotto ogni suo aspetto. «Quando io mi preparava a visitar l’Italia, cosi egli scrive, mi formai in mente un piano di esame e di indagini i cui due principali oggetti doveano essere lo stato attuale della musica e la storia di codest’aiie nell’Italia stessa. Al primo di questi due oggetti doveano riferirsi le considerazioni sul merito dei compositori di musica drammatica e religiosa, sull’arte del canto e il talento de’ cantanti, sul valore degli stromentisti in particolare e delle orchestre in generale, sulle scuole di musica, il loro regime, i maestri, i metodi; per ultimo le tendenze delle popolazioni verso l arte, i loro gusti, i loro pregiudizii, e le loro influenze sugli artisti, sull’ingegno e sulle produzioni di costoro, ecc.»

È facile argomentare dalla natura di queste parole del molto interesse che saranno per avere al cospetto de’ lettori italiani le cose di che ci verrà intrattenendo il sig. Fétis solo ch’egli voglia esser fedele alle promesse date a sé stesso. Noi crediamo quindi opportuno riprodurre i più importanti brani delle sue lettere, onde là dove esse non espongono che il vero sieno da noi abbandonate senz’altro alla riflessione degl’imparziali. ed ove, pel contrario, espongono o degli errori di fatto o delle non irreprensibili opinioni, subiscano le necessarie osservazioni, le quali noi verremo esponendo in forma di note.

Ma qui sarà ben avvertire che il signor Fétis, nell’accingersi a delineare il quadro che si è proposto, preso da un singolare scrupolo, esprime il rammarico di dover tingere i suoi pennelli in colori molto oscuri, e teme che la schietta franchezza colla quale esporrà il tristo stato della musica in Italia abbia a sapere di ingratitudine a coloro cui è noto con quanta festa e quanti onori ei fosse accolto e accarezzato dagli artisti e dai dotti musicali italiani durante il suo viaggio nella nostra penisola. Se non che l’illustre professore si consola pensando che le cose ch'ei dirà non saranno che l’ eco delle opinioni di celebri musicanti italiani, come a dire un Rossini, un Mayer, un Mercadante, un Basily ed altri. Questa sua dichiarazione, dettata da forse sovverchia dilicatezza, lo pone nell’obbligo di addimostrarsi più che mai spassionato e sincero espositore della verità, e a noi porge tanto maggiore il diritto di appuntarlo (però col dovuto riserbo e rispetto), ogni qualvolta ne parrà che i suoi giudizii e le sue sentenze siano ispirale da preoccupazione sistematica, da simpatie o antipatie speciali, ecc.

Ora entriamo in materia.

“Dopo dieci anni di glorie inaudite (è il sig. Fétis che parla), dopo avere assoggettato al prestigio delle sue ispirazioni l'intero mondo musicale, Rossini abbandonava Napoli nel 1823 per stabilirsi a Parigi, ove lo aspettavano novelle e più pure ovazioni. Tre anni dopo uno scolaro scappato (A) dalle scuole del Conservatorio di Napoli si manifestava al pubblico con un Opera molto favorevolmente accolta al teatro di San Carlo. Questo giovinetto era Bellini. La sua Opera rappresentata la prima volta il 30 maggio del 1826 intitolavasi Bianca e Gernando. Al pari de’ suoi predecessori e contemporanei Raimondi, Giuseppe Mosca, Carafa, Mercadante, Donizetti e Pacini. il giovine musicante vedeasi trascinato, quasi a sua insaputa, nell ordine di idee e di forme create dall’illustre maestro di Pesaro. D’altronde, non avendo egli fatto che deboli studii, e dotato essendo di mediocre istinto per l’istromentazione (B), esordiva con uno spartito scritto molto male, nel quale solo qui e colà erano osservabili alcuni lampi di melodie espressive e drammatiche.

Se Bellini non era un grande musicante per forza d’educazione, era però uomo dotato di spirito e di riflessione, talché di subito avvisò che l’imitazione di Bossini non gli avrebbe procacciali que’ splendidi successi che colla sola originalità delle idee o della maniera si ponilo ottenere. Pensò che la declamazione musicale dell’Opera francese applicata alla scena italiana avrebbe piaciuto, e quest’idea lo trasse alla ricerca delle melodie sillabiche a brevi frasi, le quali d allora in poi si considerarono come la speciale impronta del suo talento (C). Ei ne fece il primo saggio nel Pirata rappresentatosi in Milano nel 1827. Sulle prime la novità di stile di quest’Opera cagionò sorpresa anzi che piacere; ma il talento di Rubini, incaricato della parte principale, trionfò dell'incertezza de' Milanesi ed immediatamente si mutò in entusiasmo la loro freddezza. La fama di Bellini venne dilatandosi mercé i successi della Straniera, dei Capuleti, della Sonnambula, della Norma, e di Beatrice Tenda: quello de’ Puritani, rappresentati a Parigi, diede compiuto il diritto all'autore di essere stimato inventore di un novello stile che d allora in poi venne imitato in un modo più o meno preciso dalla maggior parte de’ compositori italiani (D).

Questa trasformazione del gusto italiano in fatto di musica drammatica ebbe delle funeste conseguenze cui difficilmente arrecherà rimedio un intero secolo di reazione (E). Una specie ili lotta crasi impegnata tra i partigiani del gusto melodico, del quale dovea essere salutato Rossini come il più alto rappresentante, e quelli dello stile declamativo cui era modello la musica di Bellini. A questi toccò la fortuna di prodursi proprio nel momento in cui moltiplicati e inauditi successi e quindici anni di voga aveano scemato l’effetto delle produzioni rossiniane e facevano presentire la necessità di dare un altro avviamento all’arte. Tutte le combinazioni riuscirono quindi favorevoli ai primi esperimenti di un nuovo stile fatti dall’autor del Pirata, e in questa singolar gara tra due spiriti di sì diversa levatura, toccò all’uomo superiore a soccombere (F).

(Sarà continuato).


NOTE

(A) Il testo dice veramente échappé. Pare a noi che il signor Fetis, senza tradire la schiettezza che si propone, avrebbe potuto usare in questo caso un vocabolo di significato meno ambiguo, se pure nell’intenzione dello scrittore non è posto ad esprimere un’idea precisa. In questo caso vogliamo crederci autorizzati a dire al signor Fetis che il Bellini uscì dal Conservatorio di Napoli, non già a corso di studii incompiuto, come, pel meno male potrebbe dar a sospettare la parola échappé, ma al contrario corredato de’ più ampii ed onorevoli attestati, e accompagnato dai voti e dai lusinghieri pronostici de’ suoi istitutori, tra quali l’esimio Zingarelli. E ciò è tanto vero che, licenziato appena dal R. Conservatorio, ottenne di scrivere uno spartito nientemeno che pel R. teatro di S. Carlo, sulle cui scene non sarebbe certamente stato ammesso uno scappato dalle scuole.

(B) Ben è vero che nelle prime sue produzioni teatrali Bellini si addimostrò debole negli studii dell’armonia e nell’uso dei validi mezzi stromentali; ma in questo non fece che subire la sorte toccata dal più al meno a tutti i maestri esordienti, non esclusi coloro che in seguito salirono ad altissima fama. E d’altronde si è osservato che que' pochi i quali al primo mettere il piede sull’arringo teatrale diedero immediato saggio di grande profondità scientifica, per una singolare fatalità non progredirono gran fatto, o si arrestarono anzi dopo i primi penosi tentativi. A parer nostro, guai al compositore che ne’ primi suoi esperimenti, anziché abbandonarsi alle libere espansioni dell’anima e agli scorretti slanci dell’im-

  1. (1) Vedi il N.° 2 di questa Gazzetta Musicale.