Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1843.djvu/190

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— -186 e di varj altri, desiava ora un bisogno di maggiore sviluppa ni tìnto e di una più alta applicazione. Son questi di quei felici momenti in’cui Parte regolatrice dei suoni spiega la sua maggior potenza sul cuore e sulle passioni umane, giacché ella è chiamata a soddisfare un pressante bisogno} ma subito che, o per sazietà, o per altre cause questo bisogno si attenui o cessi, proporzionalmente si va raffreddando, e cessa l’azione e l’entusiasmo della musica, la quale non scuoprendo al momento altra via da tenere, nè polendosi arrestare nel suo corso, si ristringe a produrre degli effetti puramente materiali, e compie per sé stessa un periodo di perfezionamento di quella forma fino a tanto che ella possa, 0 che la non venga richiamata a soddisfare con nuove maniere e nuovi bisogni. E fra 1 periodi di questa sorta che si incontrano nell’istoria musicale sembra da annoverarsi anco quello che attualmente corre, il quale forse è precursore di un nuovo concetto artistico da molti indetinitamente già presentito, ma da niuno per anco discoperto o promosso. Da lungo tempo l’uso della musica si era già introdotto nei privati teatri dei principi e dei grandi, ne solenne occasione si avea di festeggiare un avvenimento pubblico o privato, senza che una commedia non venisse rappresentala su questi teatri, e la non fosse decorata da Cori e da Sinfonie che gli servian d’intermezzo. Di più fino dal -1440, Francesco Baveri ni aveva fatto rappresentare in Roma la Conversion di S. Paolo, specie di dramma che egli aveva posto j’n musica: il CardinalRiario, circa il 1480, con melodie comuni e popolari avea fatto cantar sulle scene una tragedia, e più e diversi tentativi di simil genere erano stati fatti da varj compositori} e specialmente da Alfonso Della Viola ferrarese e da Orazio Vecchi di Modena, allorquando Emilio Del Cavaliere nel 1590 fece rappresentare alla Corte medicea in occasion della nascita del principe ereditario due Favole pastorali di Laura Guidiccioni,da esso poste in musica, con nuovo metodo è vero, ma il di cui stile poco o nulla discostavasi dalle consuete forme anteriori a quelle delle cosi dette nuove musiche. Una più perfetta applicazione della musica agli spettacoli teatrali,ad imitazione delle antiche tragedie greche, secondo l’idea che se ne era concepita, sembrava richiedere un nuovo genere di poetiche composizioni, ed è ciò di che si accorse per il primo Ottavio Rinuccini, ond’ei tentava nuove forme poetiche nella sua Dafne, che per primo saggio volle produrre. Con unanime plauso veniva accolta la lettura che Rinuccini faceane in presenza dei suoi illustri colleghi, che nelle case del Corsi adunavansi, dappoiché il Bardi erasi trasferito a Roma, ed ivi ritenuto dall’ufTicio di maestro di camera di Clemente Vili. Il Corsi medesimo volle abbellire colle note musicali alcune di quelle arie, ma al Peri toccava in sorte di porla in musica per intiero, e di raggiugnere il desiderato scopo. La Dafne del Rinuccini con musica del Peri, che per la prima volta venne rappresentata sul teatro nel carnevale del 4594 in casa del Corsi alla presenza di Don Giovanni De Medici, e della primaria nobiltà fiorentina, produsse l’effetto il più! gradito ed il più maraviglioso. E quali si ’ fossero le meditazioni e gli argomenti che j lo condussero a ritrovare una forma di | canto che stesse di mezzo alla declamazione ed alla melodia, che poi fu detta recitativo, il Peri stesso lo lasciò scritto nella prefazione dell’Euridice, poema che posteriormente scrisse il Rinuccini, e che Io stesso Peri con perfezione maggiore pose in musica per eseguirsi nell’occasiprie delle grandiose feste che si celebrarono in Firenze sul còmi:: ci a re delfanno iOOGper il matrimonio di Maria De Medici con Enrico IV re di Francia. (Sarà continuato) Luigi Picchiarti BIOGRAFIA -PERGOLESI GIAMBATTISTA Or ritornando alla musica teatrale composta dal Pergolesi, scrisse per l’autunno dell’anno 4752 un’opera buffonesca in lingua napoli tana da rappresentarsi nel teatro de’Fiorentini, che aveva per titolo lo Frale mia morato, poesia di Gennaro Antonio Federico, che fu due altre volte replicata, cioè nel 4734 e nel 4748 dopo la morte dell’autore. Nel 4733 per lo teatro di S. Bartolomeo fece la musica d’un dramma intitolato 11 Prigioniero superbo, e fu replicato l’intermezzo della Se/va Padrona, il quale piacque tanto che portalo in Londra fu ivi magnificamente pubblicato con le stampe. Per lo stesso teatro di S. Bartolomeo compose pure nel 4734 e l’adattò al dramma Adriano in Siria, che fu rappresentato nel dì 25 ottobre dell’anno medesimo, ricorrendo il giorno degli anni della regina delle Spagne madre di Carlo Borbone re delle Due Sicilie, a cui fu quel dramma dedicato, nel quale fece anche rintermezzo Liviettd e Tracollo, ch’ebbe un uguale favorevole incontro della Serva Padrona. Finalmente nel 4755 la distese per altro dramma giocoso il Flaminio, poesia dello stesso Federico, che dopo la sua morte nell’inverno del 4749 fu rappresentato nel teatro nuovo. Oltre di tali sue armoniche composizioni molte altre ne fece, delle Spiali ignoro l’anno e l’occasione per cui urono scritte, ed il numero di alcune di esse sarà in fine da me ricordato. Fu tentato nell’anno 4755 di condursi in Roma per mettere in musica il dramma del Metastasio l’Olimpiade. Ma quella metropoli di sì difficile contentatura vituperò l’armonica composizione del giovane compositore, ed applaudì molto quella di altro napolitano per nome Egidio Duni che per lo teatro di Tordinona pose in musica altro dramma, il (Nerone. Il Duni non prese a comporre il suo dramma se non dopo di aver veduto lo stile ed il gusto del Pergolesi,- col quale avendo contratto amicizia, cercò alla meglio di confortarlo dicendogli, che nella produzione poco gradita vi erano delle bellezze singolari da essere ammirate in camera, ma die scomparivano in un gran teatro, e che di quella musica, ovunque essa sarebbe stata cantata, si sarebbe sempre gustato il vero bello. Retto giudizio, che fece conoscere non essere il Duni insuperbito degli applausi a lui dati e del poco conto che si fece della musica del nostro Pergolesi. Di fatti che bellezza non" si ravvisa in questa, e specialmente nell’Aria, Che non mi disse un dì, nel Duetto Ne’giorni tuoi felici, così vago per l’espressione1 nel Recitativo senza strumenti che precede l’Aria Se cerca, se dice, ecc., che non può ascoltarsi senza provare gran mozione di affetti, e la forza dell’aria condotta con la massima espressione, che non è stata superata da’ più eccellenti maestri dopo di lui? E ciò basti aver detto delle composizioni teatrali del nostro autore. Ora farò parola della produzione che ha Venduto il nome del Pergolesi’immortale, cioè la musica dello Stabat Mater. Esisteva nella demolita chiesa di S. Luigi di Palazzo dei PP. Minimi una congrega di cavalieri sotto il titolo della Vergine de’Dolori, ed ivi in tutti i venerdì di marzo’ si esponeva il SS. con molta edificante pompa, e vi si cantava lo Stabat Mater composto dallo Scarlatti a due voci, Canto, ed Alto con due violini. Non volendo i Fratelli sentir replicare sempre la stessa musica, ed essendosi fatta lòr nota la rinomanza del Pergolesi, lo pregarono di comporne un’altra egualmente per due voci con due violini. Accettò egli l’incarico, e gli furon dati ducati dieci, tanto in quei tempi eran meschine le ricompense che davansi per simili opere. Obbligato a partir per Roma, pel sopraddetto motivo, non più pensò alla parola già data di comporre la musica dello Stabat. Ma avendo fatto ritorno in Napoli, e ricevendo reiterate premure da quei confratelli per l’adempimento di ciò che promesso aveva, cominciò a distendere la chiesta composizione assai deteriorato nella salute, afflitto da lunghe febbri, che lo condussero finalmente ad esser vittima di una tisi polmonare. Vani riuscirono i soccorsi dell’arte salutare, finché gli venne prescritto di condursi a respirare l’aria di Pozzuoli, (e non della Torre del Greco come si dice all’articolo Pergolesi nella Biografia antica e moderna, Venezia 4818, voi. 43, soggiugnendosi che ivi fu condotto dal duca di Mondragone) ultimo rifugio a cui per simili mali ricorrono i seguaci d’Ippocrate. Peggiorando di giorno in giorno, in tale stato di estenuazione di forze prosegui il cominciato lavoro} ed essendosi portato a visitarlo Francesco di Feo rinomato maestro di musica che lo amava teneramente, e veduto che giacendo in letto si occupava a terminare la composizione dello Stabat, fortemente rimproverollo dicendogli, che le circostanze in cui ritrovavasi non eran tali da pensare a porre insieme verun musicale componimento. Ma l’esinanito giovane a stento potè rispondergli, ch’era tiell’obhligo di compor quella musica per la congregazione de’ cavalieri di S. Luigi di Palazzo, per la quale fin dall’anno precedente aveva ricevuto ducati dieci, e che forse non sarebbe valuta dieci baiocchi, tanto sentivasi debole e sfinito, e non sapendo se Iddio permettesse di vederla terminata. Tornò in Pozzuoli dopo alcuni giorni il Feo per rivedere l’infermo amico, e lo ritrovò peggiorato a segno, che a stento dalle moribonde labbra potè sapere di aver terminato lo Stabat. ed averlo inviato al suo destino. E potè veramente dirsi, esser questo il canto del Cigno} poiché pochi giorni dòpo fini di vivere, lo che accadde nel dì 46 marzo 4736, essendo stato interrato il dì seguente nella cattedrale di Pozzuoli, come rilevasi dalla seguente fede estratta dal libro de’ defunti ivi esistente. A’ 47 marzo 4736 Gio. Battista Pergolesi della città di Jesa (così) sepolto nel vescovato, per essere forestiere ha pagato ducati undici, e si sono divisi metà a.1 vescovo, e metà al capitolo pagati e divisi. Falco assistente. E su la breve vita di questo sventurato giovine meditando, non posso a meno di confessare che troppo fallaci sono le umane speranze} poiché venuto costui da