Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1843.djvu/218

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senza gusto, e, diciamola pure, spiattellata, giacché è facile la dimostrazione, è un gusto senza buon senso, e che per essere troppo invalso nelle masse, non potrà essere miglioralo, corretto se non da un genio sostenuto dal coraggio dell’indipendenza finanziera, che pur troppo manca ai più dei poeti, troppo soventi in uggia alla diva fortuna. Ma v’è una via meno direttamente opposta a quella del combattere di fronte sulle scene il mal gusto delle turbolente udienze teatrali, via sicura per ricondurre il pubblico al vero buon gusto, e questa via è la Musica da camera, la musica per conversazioni, pei salons, per accademie, trattenimenti di famiglia. Farei torto alla penetrazione di molli de’ lettori, se mi mettessi ad esporre le ragioni per cui la musica così detta da camera. sebbene spoglia del fascinante corredo scenico della mimica e delle illusioni accessorie di abiti, scene, macchinismi, possa influire sul buon gusto; solo mi farò a rammentare che le udienze private sono (per lo più) governate dalle leggi della ’viltà (si tenga a calcolo il per lo più), legs spre:ate c ben soventi sino alla nausea sprezzale nelle pubbliche, e quindi 1 attenzione, questo elemento indispensabile!>erchè le arti belle ottengano il loro efelto, l’attenzione lascia libero il campo alle impressioni ed alle riflessioni, e il merito, i pregi delle produzioni musico-poetiche possono esercitare potente influenza sulla fantasia e sul cuore. E quando non si possa negare questa influenza, come crederei noi si possa con ragioni valide, quando sia dimostrato che ne privati trattenimenti musicali si possa instillare il gusto per quella poesia lirica che move dal principio veramente civilizzatore, quello cioè di desiare que’ virtuosi sentimenti, quelle nobili passioni che fanno delfuomo un uomo, di spogliare il sentimento d’amore dalle nauseanti formole del vaghegginismo, e dalle non meno ridicole durezze molli del lionismo, di far gustare l’urbano, verecondo frizzo degli attici sali -, quando ciò sia, non già, come dissi, dimostrato. ehè la cosa è per sé chiara abbastanza, ma quando a ciò si voglia por mente, perchè mai non avrò io, non avranno lutti gli scrittori e diritto e dovere di rimproverarvi o prediletti dalle Muse, perchè lasciate che nella poetica Italia s’abbia a sentirsi a cantare e ricantare i più scipiti concetti rimati?... Sia lode al tardo ma pur moventesi progresso, sia lode alla odierna letteratura, che hanno ormai sfrattato i concetti sporchi, i lubrici equivoci, gli immorali, antireligiosi scherzi che i poeti degli anni addietro scrivevano con penna da postribolo e non da Parnaso, e che in que’ tempi tanto religiosi, tanto buoni (uhi), in que’«migliori tempi, si cantavano nei teatri, nelle accademie pubbliche, nei privati trattenimenti, ed erano le delizie di quelle educatissime conversazioni! Ormai il genitore, la giudiziosa madre non devono più temere che un impudente dilettante, uno sguajato signor virtuoso dian lezione di mal costume ai loro figli con sporchi canti, faccian rossa la vereconda vergine con lirico-bordelleschi sali: sì, tutto questo è vero e se ne ripeta sincera lode all’età nostra, ma se sfrattò lo sporco... dov’è il salato?... Venite meco a rovistare tutta quanta la musica da camera del grandioso negozio det Ricordi, quei del Lucca, del Bertuzzi, del Canti in Milano, del Magrini in Torino e di tutti gli altri musicali editori dell’iper-melodioo stivale, e se vi basta l’animo di trovarvi quattro o cinque pezzi di musica da camera la cui poesia offra concetti spiritosi e nello stesso tempo qualche morale scopo, invece delle decrepite sdolcinature arcadiche, delle e ter n e felicità de’teneri cori, de"palpiti soavi, dei dardi crudi del biondo Cupido, dei celesti rai delle spietate tiranne in cuffia... oli! se ne troverete da compire la mezza dozzina, confesserò di aver negalo il sole per non aver occhi come la talpa di Aristofane. E la colpa di questa povertà musicopoetica nella musico-poetica terra di chi sarà mai? degli editori di musica? eh via! dei maestri compositori? nemmeno, perchè pur troppo non sono anche poeti, come sarebbe assai bene che lo fossero... dunque?... dunque la colpa è tutta vostra, o poeti, che non sapete vedere questa larga arena ove potreste con tanta efficacia giovare al miglioramento de’costumi staffilando colla potente frusta del ridicolo gli inganni della seduzione, le mollezze de’Narcisi, le arti della civetteria, le galanterie delle stagionate pulcelle, lo spasimar d’amore degli sdentati ganimedi, i languori dei sentimentali. le desolazioni de’gelosi merlotti, le ire de’rivali, le vanità degli azzimati Adoncini, le scimiotterie degli schiavi de’capricci della moda, e tante e tante altre umane debolezze che, o direttamente od indirettamente, nuocono alla morale perchè rompono od indeboliscono per lo meno quel caro legame di fratelievole amore che dovrebbe unir fra loro gli uomini, perchè fanno gli uomini l’un dell’altro oggetti di derisioni, di beffe o sprezzo! Non dirò a voi, bravi Bernieschi, quanta forza possa avere l’arduo e casto frizzo poetico cantato in mezzo a civile, attenta udienza da valente artista melodrammatico o da uno di que’ dilettanti che sanno dilettare $ nè richiamerò alle fervide vostre fantasie quanta potenza abbia poi sul labbro di avvenente, spiritosa e bene ammaestrata dilettante. Aggiungete che le vostre piccanti poesie messe in musica sarebbero udite anche da coloro cui punzecchiano la cute, anche da quelli che, o per tema di logorare la vista, o perchè il metro poetico leghi loro i denti, non leggerebbero forse mai i versi vostri: e voi vedete che l’effetto salutare della vostra sferza di rose deve riescile assai più esteso che non colla semplice lettura nei libri, ne’giornali, ove tutt’al più si leggono uria volta, mentx-e in musica vengono sentite e risentile, e fanno sulle ridicolosiià, sui vizj l’effetto della gulta sul sasso. E non dubitale, che la poesia partorita dalla bella vostra fantasia, c cantata nei privati convegni, non abbia a migliorare il gusto del pubblico e disporre a gradi gran parte delle udienze teatrali a nausearsi delle librettistiche porcherie che osano comparir vestite di musicali concenti sulle scene della patria di Metastasio} che quando il genio si mette animoso nella via della ragione, dell’utile e del buon gusto non manca mai la meta. Vi sia di ì-ecente esempio lo Stabat del Rossini. Pareva che questo genio dormisse, abbastanza contento degli allori mietuti insieme al molto, al meritato oro, quando sorse a scuotere il mondo musicale, e... con qual genere di composizione?.., col genere sacro, con quel genere ormai eliminalo dallo stesso tempio, perchè l’ignoranza o la inverecondia de’ maestrini e maestrucci ( e con loro qualche maeslrone privo o dimentico della filosofia e della dignità dell’arte) avevano trascinato sulle orchestre della Chiesa la profana Euterpe:, con quel genere che non osava comparire nelle accademie pubbliche e privale, ne’ famigliar-! trattenimenti, temendo l’ostacolo del mal gusto e fors’anche di ben peggio: eppure il genio indipendente del gran Pesarese vince l’antipatia o quanto meno la lunga noncuranza, l’invalso pregiudizio che la musica sacra non abbia prestigio fuori del tempio, e fa risuonare d’applausi le accademie, i teatri stessi, e vi desta un vero, un nobile, un onorevole entusiasmo con uno Stabat Mater! E notate che l’entusiasmo destato in Europa dall’illustre artista col suo novello parto non fu solo un effetto della singolare stima per un suo lavoro:, fu effetto dell’alta simpatia per la bella composizione, pel celebre suo autore, sì, ma lo fu in ispecial modo perché, nello scegliere un tèma sacro, si mise dalla parte della ragione, del gusto squisito, elei più caro de’ sentimenti } e prova ne sia che lo Stabat Mater dei Rossini fece rinascere il gusto de’-capolavori antichi del genere sacro, ed eccitò altri figli del genio a consimili produzioni:, fra le quali ha già si bella fama il Miserere del valentissimo cav. Donizelti. Potrei andare per le lunghe assai più che noi permettano i limiti di un articolo, se volessi dirvi, o Bernieschi poeti, quante ragioni concorrano a provare l’utilità che potreste arrecare al buon gusto del pubblico per la poesia saporita, dilettevole insieme ed educatrice} aggiungerò solo due altri riflessi. Voi promoveresle il desiderio di sentile la poesia posta in musica, desiderio ormai spento a’ giorni nostri, e non senza una ragione, perchè qual interesse presenta mai la poesia musicata a’giorni nostri, poesia non a torto schernita coi significanti nomi di parole, di libretti?... Per verità ci sarebbe quasi di che ringraziare i maestri fracassoni che colle loro turbinose musiche ci tolgono di sentire i versi librettistici. per leggere i quali senza nausea ci vuole stomaco forte, ci vuole un bel coraggio} e da ciò ne verrebbe poi che il pubblico non getterebbe più fiori ai gorgheggiamenti, ma onorerebbe di apprezzabili applausi i cantanti, quelli cioè che, educati a giusta e chiara pronunzia, fanno sentire e musica e poesia} ciò che degli odierni melodrammatici non sanno fare i 99 su 400, perchè o non venne loro insegnato. o non hanno saputo intenderla che cantare significa far sentire un senso, un concetto poetico adornato, invigorito dalla incantevole, potente melodia. Quando la poesia lirica, o seria o comica, avrà da sè un prestigio, un’attrattiva, una forza sull’animo degli uditori (non del tutto prosaici), quando insomma meriterà di essere sentilasarà dagli uditori desiderata, e questi pretenderanno che l’attore la fàccia sentire, a scanso di essere annoverato fra i solfeggianti e non più in là. E dovete poi riflettere che, nello scrivere poesie per musica da camera, non vi esponete alle goffe pretese, ai pettegolezzi dei sedicenti artisti e maschi e femmine, che tormentano gli scrittori di melo-drammi, che per servire alle loro convenienze (che li fanno tanto ridicoli) pretendono la cavatina di sortita dove la ragion drammatica non la vorrebbe} voglion Varia coi cori, sebbene la regolarità dell’azione non avrebbe un coro, vogliono il duetto, il rondò finale a dispetto della tessitura scenica,