Pagina:Gazzetta Musicale di Milano, 1843.djvu/49

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Supplemento ut V. li sarà sempre un’irregolarità, e non sarà mai ammissibile senza urto del buon senso. Quindi apparisce che lo scopo del signor Quadri, cioè quello di dare agli accordi un epiteto rispondente alla loro natura armonica, non è stato pienamente conseguito. Diverso, e, a mio avviso, più lodevole è lo scopo della nomenclatura generalmente ricavata, giacché è precipuamente diretta a semplificare la teoria. Vediamo ora se questa abhia maggior fortuna. Noi chiamiamo dissonanti tutti gli accordi di settima e di nona indistintamente:.° perchè tutti si presentano sotto la stessa forma; 2.° perchè tutti contengono almeno una nota che chiama un conseguente; 3.° perchè tutti esigono una risoluzione conforme; 4." perchè tutti, salvo alcune eccezioni, amano la preparazione; 5." perchè, come seguita da tutto ciò, tutti sono maneggiati a un dipresso nella stessa guisa. Ilo detto che tutti amano, e non esigono la preparazione, perciocché, sebbene gli accordi dissonanti naturali non vadano soggetti ad essere preparati, tuttavia sonvi molti casi, nei quali un maestro darebbe opinione poco favorevole di sè, ove non li preparasse. Io potrei citare un’infinità di questi casi, ma credo che basti alPuopo il seguente brano diPartimento delP. Mattei: D’altra parte l’Accordo di quinta diminuita con settima si usa non di rado senza E l’accordo di terza minore con settima si usa medesimamente, sebbene con minor frequenza. Esempio tolto da Rossini, in cui tale Accordo ha luogo nel modo minore: Altro esempio tolto da Bellini, in cui lo stesso Accordo ha luogo nel modo Senza ciò, siccome ho dimostrato in altro luogo (’*), non v’ha settima o nona di un i accordo qualunque, la quale, trattata a i nota di passaggio, non possa di Fon. c Tratt. d’Accomp. di L. Rossi. usarsi senza preparazione. Se dunque gli accordi dissonanti naturali vogliono essere talvolta preparati, e i dissonanti artificiali (contro il precetto del Quadri, che vuole in essi la preparazione siccome cok-dizione inevitabile) possono talvolta esimersene, io dico che le anomalie della preparazione debbono considerarsi come eccezioni, posto che, in quanto al resto, tutti gli accordi di settima e di nona hanno indistintamente una legge sola che li governa. Dal che vuoisi inferire che una nomenclatura diversa, quantunque bene appropriata a dare un’idea esatta della natura armonica degli accordi, complicherebbe, anziché semplificare, questa parte della teoria; e che, per conseguenza, i Teorici che non isfuggono il biasimo del signor Quadri, non hanno commesso l’errore madornale di che sono accusati. Del resto le questioni sulla nomenclatura, quando non sono profittevoli per l’arte, non riescono se non a logomachie inutili, e sarà sempre ottimo consiglio il tenersene lontani Comunque siasi, il nostro autore classifica fra gli accordi dissonanti quelli solamente che io ho chiamati dissonanti artificiali. E, spiegate le tre condizioni (secondo lui, tutte inevitabili) perii loro uso, cioè la Preparazione, la Percussione e la Risoluzione^ fa la ricapitulazione di quanto precede. Dov’è notabile ch’egli dice che l’accordo di terza minore con settima minore non è costruibile se non sul secondo grado della scala, senza uscir dal tuono, forse dimenticatosi che poco prima avea detto che tale accordo s’incontra sul 2.°, 5.° e 6.° grado. Possibile che in questo caso egli riconosca una differenza fra incontrare e costruire! Dopo la ricapitolazione passa a vedere l’uso più speciale che si fa de’ suoi tre accordi dissonanti; e dice che s"‘ impiegano particolarmente nelle così dette Progressioni armoniche. Lettore, sai tu il perchè con accordi dissonanti si facciano progressioni armoniche? Se noi sai, il signor Quadri te lo dirà. Egli è perchè gli accordi di sèttima, essendo forniti o di note sensibili, o di note dissonanti, richiedono necessariamente il passaggio ad un altro accordo. Ti capacita? Ma lascia da parte questo paralogismo, e piacciati andar a vedere gli esempi delle promesse progressioni armoniche, e troverai invece esempi di circoli armonici (2). Il fatto sta che qui mi par di vedere il signor Quadri più impaccialo che un pulcin nella stoppa. Egli cammina pur non sapendo per qual verso si diriga, finché riesce agli esempi che ho detto. E così a un dipresso dovea succedere, poiché le sue idee sulle progressioni sono ben altrimenti che distinte, come si può giudicare anche soltanto dalla definizione che ne dà. «La Progressione «egli dice «consiste in una serie di accordi «concatenati tra loro sia col mezzo di «suoni comuni, sia col mezzo di note «sensibili, sia col mezzo di note disso«nanli. «Tale sarebbe un rettorico, il quale, volendo definire verbigrazia il sillogismo, dicesse che consiste in una serie (1 ) Chi avesse vaghezza di conoscere più addcnlro la niuna importanza di una nomenclatura degli accordi, conforme a quella proposta dal Quadri, consulti l’opera intitolata: Fersuch cincr geordneten Theorie cler Tonsetzkunst, von Gfr. Weber. Tom. 1, pag. 279 e scg. _ (2) V. il Tati, d’Arni, di B. Asioli (scc. ediz.), e dalle pag. 30 c 41 capirai che cosa s’intenda per Circolo armonico e per Progressione. di parole collegate fra loro sia col mezzo f di nomi, sia eoi mezzo di verbi, di pre- f posizioni, di congiunzioni, ecc. Fin qui il signor Quadri ha dichiarato, j o ha creduto di dichiarare la teoria completa dell’armonia propriamente detta. La lezione decima concerne l’accompagna■:nto della scala e le cadenze; ed in certo essa per un verso non è he una appenij specie di corollario, per l’altro dice di tutto ciò che è stato discorso nelle sei lezioni precedenti. Giacché su questa lezione v’è poco a ridire, ed anco questo poco non è gran fatto rilevante, il passerò volentieri sotto silenzio. Nè molto mi fermerò sulle lezioni rimanenti, sì perchè trattano di materie meno essenziali, come perchè è oggimai tempo di terminare. Onde, esaminati Brevemente alcuni punti controaii affretto di vertibili di maggior peso, i venire a conclusione. (Sarà continuato.) Luigi Rossi. CRITICA RIELO DRAMMATICA IIiDECJOWflBA Bramili# lirico «li X. (ìmihioxh posto m intiMira «lai ITI. A. 1TI.«.iii.mxi, riprodotto la mera «li martedì scorso sulle scene della Scala. Che direm noi di questa nuova apparizione, noi cosi amici del linguaggio della (ode, così alieni da quello del biasimo?... E una nuova vittima immolata sull’altare del falso idolo della musica. Ella fu colpita da quelle stesse mani che avrian dovuto difenderla. Molti furori coloro che la condussero al luogo del sagrificio. Primo il poeta che diede un novello esempio della lagrimevole meschinità a cui a’ giorni nostri spinsero alcuni la poesia melodrammatica, spogliandola d’ogni bellezza e coprendola di cenci d’ogni tristo colore. Poi il compositore che, per quanto ne sembra, si abbandonò all’esercizio dell’arte unicamente confidando nella forza del proprio ingegno, forse non abbastanza provveduto di quella positiva educazione che solo si raggiunge con un regolare ordine di sludj. L’opera, che fu in origine creata per il teatro italiano di Parigi, era stata scritta per le voci di Rubini, di Tamburini e di Giulietta Grisi. Alla riproduzione che ne fu data tra noi, la parte di Rubini fu ridotta per la voce d’un contralto; e se una tale metamorfosi si potesse fare senza capitalmente danneggiare il complesso lo vede ciascuno che sappia quale diversità di carattere passa tra il canto d’un tenore e quello d’un contralto; l’uno lutto fatto per salire, l’altro fatto solo per discendere. Da ciò, riteniam noi, è derivato il maggior pregiudizio per cui la rappresentazione ebbe sì modesto incontro la sera di martedì. Del rimanente, se dell’indole della composizione possiam aggiungere qualche parola, diremo che per quanto si vada ragionando a prò dell’antica semplicità e contro ogni idea d’incremento, le musiche | puramente melodiche non trovali troppo 1 favore presso quei pubblici che hanno | provato come lo studio e l’armonia siano (