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cise cingere d’assedio Pavia, mentre l’armata spagnuola erasi ritirata a Lodi; ma imbaldanzito dal successo, ebbe l’idea di dividere il suo esercito e mandarne metà alla conquista di Napoli; da quest’errore sappiamo cosa avvenne.

Alla Corte della Reggente non si approvava la cosa, ma allora la Corte era afflitta e scossa dalla morte della Regina venticinquenne, che tutti in Francia chiamavano la buona Regina, la quale lasciava sette figli, tre maschi e quattro femmine; e che amante di suo marito, e da lui negletta e trascurata, non ebbe il dolore di vederne la disfatta e la prigionia.

Appena fatto prigioniero, il 24 febbraio 1525, il Re fu condotto nel Castello di Pizzighettone, d’onde scrisse a sua madre il famoso messaggio: «Signora, tutto è perduto, fuor che l’onore». Luisa, ricevendolo, esclamò:

— Ahimè! ei non mi ha voluto ascoltare.

Anche il Duca d’Alençon, marito di Margherita, era stato fatto prigioniero, ma cambiati gli abiti con un suo paggio, riuscì a fuggire. Ciò fece peggiorare la situazione del Re per tenerlo in miglior custodia. Egli, dopo la resa della spada a Pavia, fu portato a Pizzighettone e quindi a Madrid, e rinchiuso in una torre del palazzo Reale, ai cui piedi scorreva il Manzanares.

A questo punto Luisa di Savoia si mostrò grande addirittura. Alla notizia della sventura del figlio, non si abbandonò al pianto, ma volò a Lione, convocò il Consiglio, vi parlò con gran calore, levò milizie, as-