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maria clotilde di borbone 339

Però, sul principio della sua venuta in Italia, Maria Clotilde non piacevasi soltanto di cose religiose. Si dilettava di mode, di vesti, di divertimenti, e stava molto pili volontieri a Moncalieri, un poco solitaria, ove, diceva, non la opprimevano la tristezza e la solitudine delle serate di Torino. Ma i tempi e l’ambiente non erano favorevoli a svolgerla verso la mondanità; e all’austerità spagnuola della Regina, si aggiunse presto la scrupolosa riservatezza e le pratiche religiose della sposa, per rendere la Corte pesantissima a chi doveva frequentarla. La Regina Ferdinanda aveva assoggettato tutti, compresi i figli, ad un severissimo cerimoniale, che doveva gravare ancora per lunghi anni sulla Reggia; ma la pudicizia di Clotilde che voleva nelle dame una eccessiva correttezza nel vestire, e che aveva giurato guerra agli scolli, di qualunque misura, la riduceva un convento. Banditi i balli e i concerti, messe all’indice le conversazioni briose, nel palazzo reale si parlava e si operava come se si attendesse di ora in ora (dice Nicomede Bianchi) il giudizio finale.

La Principessa di Piemonte però, anche nella sua eccessiva divozione, era francese, perciò più spigliata assai della suocera, e introdusse l’uso di andare tutto l’anno alle prediche nelle chiese, alle novene, alle processioni, ecc. Di più pregava tutto il giorno, e sovente il marito la trovava inginocchiata a braccia aperte, o prostesa colla fronte al suolo. Siccome nella devozione le forme esterne riescono sempre antipatiche, non si capisce se non spiegandolo con la grettezza di ve-