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una invasione austriaca, e si facevano ovunque preparativi di fuga. Venne invece la notizia dell’abdicazione di Carlo Alberto, e l’ordine di lui alla Regina di non lasciare assolutamente Torino, mentre egli andava esule ad Oporto.

Tutti conosciamo le vicende che portarono, dopo la battaglia di Novara, la pace e la corona sul capo di Vittorio Emanuele II, per ciò sorvolo.

Il primo atto della nuova Regina fu di avvertire con un biglietto il marito, che sarebbe accolto freddamente alla capitale, perchè Radetzky era l’amico di suo suocero, ed era stato testimonio al suo matrimonio! — Del resto poi si seppe che l’accoglienza amichevole di Radetzky era all’individuo, non al Re; e nessuno ha certo dimenticato le nobili parole con le quali Vittorio Emanuele rispose a proposte umilianti per la sua patria! — Ma pur troppo pel momento egli dovè far caso dell’avvertimento della moglie, e rientrò in Torino il 26 marzo, di notte.

Rinunzio a descrivere il rivedersi dei due coniugi; rinunzio a descrivere una scena in cui troppi affetti si trovavano in contrasto, e per ciò difficile a raccontarsi, ma facilissima a immaginare da chi ha cuore. Le lettrici potranno riempire, da loro stesse, la lacuna.

Il giorno seguente, il nuovo Re riceveva in Piazza Castello il giuramento della Guardia Nazionale, e dietro ad esso e allo stato maggiore, stava la Regina, in carrozza a quattro cavalli, coi bambini. Ma che tristezza su tutti i volti! Ciascuno pensava all’esule vo-