Pagina:Gemme d'arti italiane - Anno I, Carpano, 1845.djvu/138

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l’astronomo più franco signoreggia collo sguardo indagatore quelle miriadi di mondi che vanno roteando nel vuoto fra loro equilibrati, e come insiem congiunti da una invisibile e misteriosa catena; è allora che scopre nuove maraviglie, e riconosce in quella innumerabile milizia del cielo nuovi astri che aggiungono una voce all’immensa melodia, onde i cieli e la terra annunziano la gloria di colui che tutto move. Oh quante anime allora in quel silenzio delle cose s’innalzano colla mente al di là delle sfere! Quanti cuori in quel riposo universale della natura assurgono a meditare sui giorni degli uomini, che incerti fra la luce e le tenebre, corrono incontro ad una notte che non avrà più mattino in sulla terra! Quando spira acuta la brezza del monte, quando nuda la terra appare come vedova donna che non ha più ghirlande pel suo capo, l’uomo sente il bisogno di una non mutabile stanza; quando la terra non ha più lusinghe a’ suoi occhi, alza gli sguardi al cielo.

Ma il cupo azzurro del cielo poco a poco s’imbianca: le stelle dileguano come gli ultimi fuochi di un campo. Addio misteri della notte! L’ora del pensiero è passata; è tempo di operare. Lungo è il riposo della natura, perché lunghi i suoi destini; ma il riposo dell’uomo vuol esser breve, perché brevi sono i suoi giorni sulla terra, e grande è l’opera che deve compiere nel suo corto pellegrinaggio.

Anche il verno non è senza le sue dolcezze. Se la luce del sole più rado sfolgora nella sua limpida gioja, in compenso quanto non riesce più gioconda perché meno aspettata? Di tutto si sazia il cuore dell’uomo quaggiù, perfino della luce. Nelle lunghe giornate estive