Pagina:Gemme d'arti italiane - Anno I, Carpano, 1845.djvu/62

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Fino a questo dell’orbe angolo estremo
L’orrendo grido della sua vendetta,
Questi al pianto ti muove? e fai preghiere
Quando un eco di rabbia si solleva
Dalle quattro del mondo avverse plaghe?
Se ti vinse il baglior della sua vita,
Pensa, o debole core, al suo tramonto!
«Piango (così risposi a quell’acerbo)
Piango su questo avel, perché m’irrita
La spregiata, vulgare, abbietta ciurma.
Finché visse quel forte incoronato
Della sua gloria, si piegar costoro,
Come vermi fangosi, entro la polve;
Né per ciò che l’opima India rinserra
Avrebbero bisbiglia una sommessa
Paroletta di biasmo; ed or che sparve
La meteora fatal dall’orizzonte,
Sorgono dalla melma, e sull’antico
Fulminato Titano inverecondi
Gettano a prova la vergogna... i vili
Che fastosi recar le sue catene!
Odïarlo, o malnati, era concesso,
Ma la codarda irrision non giunge
All’altezza sublime ove s’assise3);
Un turbine egli fu che dall’eterno
Trono discese a ripurgar la terra,
E fe’ chiaro ai mortali onde venia.
Dunque al suol le ginocchia, o sciagurati,
Che baciaste tremando i suoi vestigi
Quand’ei della divina ira ministro
Sovra il capo vi stette. Egli non cadde
Per umana virtù, ma quella possa