Pagina:Gerusalemme liberata I.djvu/26

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12 LA GERUSALEMME

XXXII.


     Qui tacque il veglio. Or quai pensier, quai petti
Son chiusi a te, sant’aura, e divo ardore?
Inspiri tu dell’Eremita i detti,
252E tu gl’imprimi ai cavalier nel core:
Sgombri gl’inserti, anzi gl’innati affetti
Di sovrastar, di libertà, d’onore:
Sicchè Guglielmo e Guelfo, i più sublimi,
256Chiamar Goffredo per lor Duce i primi.

XXXIII.


     L’approvar gli altri. Esser sue parti denno
Deliberare, e comandare altrui.
Imponga ai vinti legge egli a suo senno:
260Porti la guerra, e quando vuole, e a cui.
Gli altri, già pari, ubbidienti al cenno
Siano or ministri de gl’imperj sui.
Concluso ciò, fama ne vola, e grande
264Per le lingue degli uomini si spande.

XXXIV.


     Ei si mostra ai soldati: e ben lor pare
Degno dell’alto grado ove l’han posto;
E riceve i saluti, e ’l militare
268Applauso, in volto placido e composto.
Poich’alle dimostranze umili e care
D’amor, d’ubbidienza ebbe risposto,
Impon che ’l dì seguente, in un gran campo,
272Tutto si mostri a lui schierato il Campo.