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148 del rinnovamento civile d'italia


da alcuni chiari scrittori francesi (e in particolare da Beniamino Constant e dal Royer-Collard) è antichissima: risale a Socrate e a Platone, che assegnarono alle idee e al bene la signoria suprema; trovasi espressa con singolare efficacia nel codice religioso degl’israeliti e dei cristiani1, ed è il diritto divino delle vecchie scuole sanamente inteso.

La ragione è il codice dei popoli civili, e il maggior numero senza ragione quello dei barbari. Un chiaro statista francese cosí discorreva: «La sovranitá del popolo, trasferita dal giro delle astrazioni in quello dei fatti, è tutt’uno col predominio legislativo del numero piú largo; e questo predominio è il diritto della forza migliorato da un’acconcia trasformazione. Imperocché nello stato che chiamasi «di natura» gli uomini si azzuffano, laddove nel civile consorzio si annoverano. Il diritto del forte è brutale, quello dei piú è sociale. Dicesi che alla forza ed al numero sovrasta la giustizia. Sia pure; ma a che vale la giustizia senza i giudici? Vale quanto l’anima senza il corpo, essendo cosa invisibile ed eterna»2. Dunque, io dico, la sovranitá del popolo

  1. Vedi fra gli altri luoghi i Proverbi (viii, 12, 6, et alibi passim).
  2. La presse, Paris, 28 février 1850. Un altro giornale risponde in questi termini: «La legge del maggior numero, che è un vero progresso verso quella della forza maggiore, non può prevalere ai diritti acquistati, sia perché questi sono un progresso verso la legge del numero piú largo, e perché sono un fatto giá stabilito che i piú non possono annullare, non essendo opera loro. E in vero l’uomo non trapassa dall’infanzia all’adolescenza per la legge del maggior numero ma pel progresso del tempo, che è legge di natura. Il borghese non diventa nobile per la legge del maggior numero ma pel progresso della paritá civile, che è legge di natura egualmente. Lo schiavo non si rende franco per la legge del maggior numero ma pel progresso della libertá, che è legge di natura allo stesso modo. Dunque al maggior numero sovrasta una legge piú autorevole che gli uomini non hanno rogata, la quale appone certi limiti e ingiunge certi obblighi all’arbitrio loro; ed è quella legge naturale che si chiama «perfettibilitá» e universalmente si manifesta. Insomma il maggior numero non fa la legge, ma la trova e l’esprime; non crea il fatto, ma l’osserva e descrive; non dá il diritto, ma lo dichiara e determina» (La voix du peuple, Paris, 5 mars 1850). Ho voluto recar questo passo, perché mi par bello il veder l’errore fondamentale del Rousseau (di cui molti tuttora in Italia fan professione) combattuto in Parigi dall’effemeride piú ardita dei democratici. Se non che la perfettibilitá e il progresso, riducendosi a una semplice potenza e ad un esplicamento naturale, non bastano a fondare una norma stabile e suprema senza l’arrota delle idee e della ragione.