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272 del rinnovamento civile d'italia


e mentre promettevano di stringere le pratiche della confederazione, ordinavano all’inviato di romperle.

Né giova il dire che alcuni dei capitoli proposti offendessero l’autonomia interna del Piemonte. Imperocché il terzo di essi statuiva che si «raccogliesse in Roma una rappresentanza dei tre Stati confederati per discutere e stabilire la confederazione federale»1. Dunque gli autori dei capitoli non gli aveano per fermi, né altro si proponevano che di dar materia alla discussione; e il Piemonte era libero di chiedere le modificazioni opportune e di recedere se non le otteneva. E ancorché, come avverte saviamente il Farini, «un congresso a Roma non avesse fatto opera buona» e che «si fosse sermonato» senza conchiudere, tuttavia «era importantissimo il circondare il principato romano di deputati italiani, i quali mutassero la temperie cosmopolitica in mezzo a cui vive; importantissimo il favoreggiare la trasformazione delle sue attinenze colla costituzione italiana»2 Ora i sapienti ministri, non che cogliere l’occasione propizia d’intavolare il congresso, non che «proporre un altro disegno e continuare le pratiche», le mozzarono incontanente, giudicando che «il tempo non era opportuno per i negoziati»3. Ma il tempo in vece era opportunissimo: l’unione era non solo utile ma necessaria: poiché agitavasi la causa dell’indipendenza, le forze piemontesi sole piú non bastavano a operarla, i puritani sconvolgevano l’Italia centrale e preparavano la riscossa dei retrogradi; onde la lega era il solo modo di proteggere gli ordini costituzionali contro le sètte opposte e assicurarne la durata. E quando mai si è veduto che, trattandosi di accordi importantissimi fra due potentati, l’una delle parti rompa issofatto le pratiche perché non può assentire a ogni proposta dell’altra? essendo cosa naturale che ciascuna pensi in sul primo principalmente a se stessa. Ma in tal caso i ragionari si continuano, si propongono nuove clausule, si cercano temperamenti,

  1. Farini, op. cit., t. ii, p. 372.
  2. Ibid., p. 96.
  3. Ibid., pp. 374, 376.