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CAPITOLO DECIMO

continuazione dello stesso argomento

La rotta di Novara fece rivivere dopo tre mesi la parte municipale. Il dolore della súbita e miracolosa sconfitta, la costernazione della capitale e delle provincie, la nuova rivolta di Genova, i sospetti di tradimento favorivano i desiderosi di ordini nuovi e minacciavano al Piemonte la stessa sorte di Toscana e di Roma. Come adunque io m’era prima congiunto ai democratici per salvare la nazionalitá e autonomia italiana, cosí non indugiai di stringermi ai conservatori per difendere il principato e seco la libertá. Mi pareva che il puntuale avveramento delle mie previsioni e i tristi effetti della sua politica dovessero aver doma l’ostinazione del Pinelli e rendutolo piú docile ai sani consigli. Vero è che in poco d’ora io cominciai a conoscere che egli non era mutato; imperocché, quantunque venisse spesso a visitarmi, io non seppi che il principe aveva commesso a lui e al generale Delaunay di fare una nuova amministrazione se non quando la cosa era conchiusa ed ei medesimo mi disse con gran sussiego che era ministro. L’elezione non potea essere piú imprudente né piú inopportuna a conciliar gli animi, e fu disapprovata dagli stessi municipali, essendo il Delaunay in concetto d’uomo poco favorevole alla libertá1, e il Pinelli odioso

  1. Siccome il generale Delaunay è morto, tanto piú è debito della storia il difenderne l’onore e le intenzioni. Alcuni liberali di municipio, per procacciarsi la lode di difendere lo statuto, accusarono il generale di aspirare a distruggerlo. Considerata maturamente la cosa, io credo l’accusa al tutto falsa. Il Delaunay era uomo pio e leale, e non che tramare la distruzione degli ordini stabiliti ne desiderava il mantenimento; in prova di che potrei riferire una lunga conversazione passata seco mentre io era ministro. Sono bensí convinto che, non conoscendo i tempi né le instituzioni che loro convengono e animato da vecchie preoccupazioni, egli bramasse di ristringere al possibile lo statuto, tirarlo ad aristocrazia anzi che a popolo e contrabbilanciare la libertá coi gesuiti.