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26 del rinnovamento civile d’italia

per risorgere erano riusciti vani, anzi avevano da un canto accresciute le comuni sciagure, dall’altro spento nei piú, se non il desiderio, la speranza di riscattarsene. Un esule italiano che non avea partecipato a questi tentativi né apparteneva ad alcuna setta, e che tuttavia era stato involto nell’ultima proscrizion del Piemonte in pena delle sue libere opinioni, prese a meditar seriamente sul doloroso fato che ci condanna a una miseria insanabile e perpetua, e gli parve di trovarne in parte la causa nei modi stessi che si usarono per superarlo. — L’Italia — diss’egli — cercò sovente, ma invano, di redimersi, perché volle farlo prima colle armi, poi colle congiure e sempre colle dottrine forestiere. — Ora l’esperienza c’insegna che in politica, come in ogni altro genere di cose, nulla prova né dura al mondo se non è spontaneo e nativo. Questa è legge universale, comune agli spiriti come ai corpi e a tutti gli ordini della natura. Il moto che è comunicato di fuori e non ha radice nell’intima ragione degli esseri è di corta vita, non solo rispetto all’azione, ma al pensiero eziandio; e un concetto, un trovato qualunque non ha ferma efficacia se non rampolla dalle viscere dello spirito e non gli è intimo e connaturato. L’opera esteriore del maestro può eccitarlo, svolgerlo, ampliarlo, ma non produrlo; e in questo modo rapprendere, come disse un antico, non è altro che ricordarsi. Perciò una dottrina politica, che non s’innesti negli usi, negl’instituti, nei pensamenti e nelle tradizioni di un popolo, non potrá mai migliorare in effetto e durevolmente le sue sorti. Né gioverebbe l’opporre che la natura umana è una in tutti e che il vero altresí è uno, quasi che gli aspetti di questo e le modificazioni di quella non si differenzino in infinito. La consuetudine è una seconda natura non meno forte e tenace della prima; e siccome il vero ed il buono non sono conseguibili pienamente, gli uomini debbono contentarsi di apprenderne quei prospetti e goderne quegli sprazzi, che sono piú alla mano e meglio si affanno alle condizioni di luogo e di tempo in cui eglino son collocati.

Un popolo che si affranca colle armi straniere solamente, non fa altro che mutar padrone, anzi per ordinario lo peggiora, in quanto che il dispotismo casalingo è spesso piú tollerabile e