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libro primo - capitolo undecimo | 345 |
come quando antipongono la libertá all’indipendenza e la forma alla riforma negl’instituti e miglioramenti civili. Oltre alla mancanza di dottrina, per cui in vece di governarsi col senso retto si guidano col volgare e seguono piú l’apparenza che la sostanza delle cose, i piú di essi abbondano di senso falso, veggono le cose a rovescio, mancano affatto di quel tasto e istinto pratico che coglie la realtá quasi per una divinazione e inspirazione naturale e può in parte supplire al mancamento di coltura e di tirocinio. Laonde il loro nominalismo politico, non essendo corretto né mitigato da alcuna banda, non fa vera stima dei tre oggetti principali a cui tendono i moti odierni universalmente, anzi non di rado li disconosce e frantende, come abbiamo giá avvertito.
Abborriscono in prima l’ingegno, come spiacevole maggioranza, e disprezzano lo studio per cui il pensiero si nutrica e si svolge, come insopportabile alla loro pigrizia1. Astiano e sfatano i sapienti col nome di «dottrinali», e odiano perfin le dottrine favorevoli ai loro propositi per ogni poco che sieno astruse e profonde, quali sono per esempio le speculazioni germaniche e i placiti degli hegelisti, come quelli che troppo eccedono la loro apprensiva. Stabiliscono per principio che a rinnovare e ricreare di pianta la societá umana l’ingegno e il sapere sono superflui, anzi tornano pregiudiziali. Perciò quando non hanno agio e materia per cospirare o tumultuare si tengono in ozio, sciupano il loro tempo nei crocchi e nei ridotti2, stimando inutile e dannoso l’impiegarlo a pensare ed apprendere per abilitarsi a operare. Se leggono talvolta per passatempo e per ristoro dell’ozio, non si appigliano giá ai libri ma ai giornali, eleggendo fra tutti i men gravi e men giudiziosi 3. Se tocca loro il capriccio di
- ↑ «L’Italia da un pezzo ha abbandonati gli studi solidi e profondi; anzi la piú giovane Italia li disprezza» (Giordani, Opere, t. ii, p. 347).
- ↑ «Eroi da caffè» (Dandolo, I volontari e i bersaglieri lombardi, Torino, 1849, p. 164). Quindi «il fumo de’ sigari onorato», di cui parla il Leopardi (Opere, t. i, p. 108). E il Giordani: «Chi fará nascere la voglia di leggere in questa generazione tutta occupatissima nel fumare?» (Opere, t. ii, p. 337).
- ↑ «La giornaliera luce delle gazzette» (Leopardi, Opere, t. i, p. 108). «I giornali, maestri e luce dell’etá presente» (ibid., t. ii, p. 90).