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Pagina:Gioberti - Del rinnovamento civile d'Italia, vol. 1, 1911 - BEIC 1832099.djvu/354

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348 del rinnovamento civile d'italia


                                   ... Demetri, teque, Tigelli,
nodiscipularum inter iubeo plorare cathedras1.

La loro lingua, o per dir meglio il loro gergo, è una poliglotta in cui l’Italia ha l’ultima parte, per modo che riescono piacevolissimi a ricordar Roma antica e celebrare le sue grandezze con un idioma simile a quello di Brenno e di Genserico. Giá vedemmo che rifiutano di essere nazionali e si pregiano di cosmopoliti e, non che sentir punto punto d’italianitá, collocano la cima della cultura negl’influssi esterni che piú valgono a guastarla. Profughi, non rifuggono di cospirare a pro della patria coi forestieri e anche di redimerla colle loro armi, secondo la vecchia usanza dei fuorusciti, quasi che sia buon cammino a ricuperare la libertá il perdere l’indipendenza. Professano in vero un grande amore alla plebe; ma che studi fanno e che ricerche per isciogliere i problemi difficili del suo miglioramento? E quando coll’aiuto di alcune formole volgari e generiche pensano di dare al popolo il pane del corpo e dell’intelletto, sono cosí giudiziosi come allorché chiamano «popolo» quei pochi che loro applaudono. Degna poi di particolare biasimo è quella loro sentenza: — che a fondare uno Stato nuovo basti lo spegnere il vecchio, — collocando il colmo dei progressi civili nelle rivoluzioni; le quali sono bensí un rimedio necessario talvolta ma sempre doloroso, e costano specialmente alle classi misere, perché ogni rivoluzione violenta, eziandio che abbia esito felice, è un macello dei poveri e un’ecatombe della plebe.

I puritani si credono progressivi perché fautori di repubblica, quando che il parteggiare pel governo di popolo (come per altra forma) è in sé cosa indifferente, e torna solo a progresso facendolo a proposito e in modo che la cultura se ne vantaggi. E non solo si può essere repubblicano camminando a ritroso ma eziandio mancando di spiriti elevati e liberi; come appunto avviene a costoro, i quali, con tutto il loro odio della monarchia, hanno bisogno di adorare un uomo e di farsi un principe proprio, mentre



  1. Hor., Sat., i, 10, 90-91.