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però uscire dai termini dell’imitazione. Laddove mancando affatto di buoni studi e usando uno stile che non si potrebbe chiamare «italiano» senza grave ingiuria d’Italia, egli non può aver lode né anche come scrittore1. Ma se da natura egli tiene del poeta, non si può giá dire ugualmente che abbia del filosofo, mancando affatto di creativa ideale, non avendo né acume pellegrino d’intuito né polso di logica né magisterio di dialettica speculativa. Tutti i suoi scritti sono poverissimi d’idee, debolissimi di raziocinio; e quando accusa gli avversari di non esser capaci di «sintesi»2, egli appone loro il difetto che spicca piú di tutti nelle sue scritture. Se giá per «sintesi» non s’intendono certe formole astratte, che nella loro perplessa generalitá non hanno alcun valore scientifico e né anco il pregio della novitá, perché da venti o trent’anni corrono pei giornali. Piú inetto ancora apparisce come politico, perché inabile ad apprendere la realtá della vita, come quegli che squadra gli oggetti sotto il prisma ingannevole dei propri fantasmi. Cosicché egli non riesce né meno nel volgare ufficio di cospiratore, benché lo eserciti da tanto tempo, mancando di arte nel conoscere gli uomini e di cautela nel maneggiarli; onde diventa facil preda e ludibrio di chi gli si accosta, e macchinando alla scoperta merita piú titolo di sollevatore che di congiurante. Oltre che, egli ha (come accade ai monomaniaci) una di quelle tempre ardenti e concitate che inclinano al fanatismo e fanno meno a proposito delle faccende che delle opinioni. Se fosse nato in etá superstiziosa, egli avrebbe potuto passare per santo, venire in credito di taumaturgo, ardere altrui come inquisitore o essere arso e adorato come martire. Non si è udito testé proporre la creazione di nuove credenze e di nuovi riti? Ma laddove Massimiliano primo si contentava di deporre la corona imperiale per assumer la

  1. Tuttavia non pochi di qua dai monti lo chiamano «grande scrittore». Ciò mi ricorda un forestiere dilettante di cose italiane che mi citava il Galateo del Gioia come un modello di elocuzione. I giudizi oltramontani e oltramarini sui pregi letterari dei nostri autori mettono spesso a grave rischio la gravitá di chi legge o di chi ascolta.
  2. République et royauté en Italie, Paris, 1850, p. 16.